
Un amico, che conosco da
oltre vent'anni, di area liberale e con il quale – su posizioni opposte - discuto spesso di politica, mi ha segnalato un
articolo del 9 luglio scorso, a firma Marco Gervasoni,
sull'Huffington Post, dal titolo “Eutanasia del socialismo
riformista”.
E' un articolo che merita
attenta analisi e critica e ringrazio il mio amico per avermelo
segnalato, perché mi permette di aprire un'analisi sulla fine – a
mio avviso voluta - del socialismo in Italia e in Europa e su un suo
possibile recupero, almeno sul piano intellettuale.
L'articolo si rifà a un
recente convegno, organizzato da Gennaro Acquaviva della Fondazione
Socialismo, dal titolo “Le idee del socialismo ci salveranno”.
Convegno a parte,
Gervasoni spiega come oggi “i partiti socialisti,
socialdemocratici, laburisti, sono in preda a una lenta eutanasia”.
E sottolinea come essi retrocedano non in favore di una “destra
democratica e liberale”, ma di una destra “nazionalista e
populista”.
Poi, facendo un breve
excursus del socialismo dall'800 ai giorni nostri, spiega come ad un
certo punto, con Blair, Jospin e Schroder, ma anche con D'Alema e
Veltroni (che pur socialisti non sono mai stati, ammesso che siano
stati davvero comunisti, aggiungerei), il socialismo ha iniziato a
“tradire sé stesso”.
Ovvero, l'articolista
spiega come il tema principale dei partiti socialisti non sia più
stata la lotta alle diseguaglianze, ma la promozione delle “libertà”
(compresa quella di “creare nuove diseguaglianze”).
Gervasoni spiega come
questo, inizialmente, abbia pagato sul piano elettorale, ma, con il
tempo, quando i lavoratori e i cittadini nel loro complesso, hanno
iniziato a comprendere che le politiche di questa “nuova sinistra”
hanno finito per peggiorare le loro condizioni di vita, iniziarono o
ad astenersi, o a rivolgere il loro voto alla destra “nazionalista
populista, reazionaria e xenofoba”.
E aggiunge che, più gli
elettori si spostavano verso questa destra e più i cosiddetti
“socialdemocratici” diventavano centristi o rincorrevano le
politiche della destra.
E cita il caso di Matteo
Renzi che “da sinistra”, ha abolito l'Art. 18 dello Statuto dei
Lavoratori.
“Il riformismo è
morto”, spiega Gervasoni, ma ha successo il “socialismo
populista” in America Latina, che però non riesce ad
affermarsi in Europa.
E conclude dicendo che,
forse basterà cambiare nome al PD e al posto della “d”
metterci la “s” di socialista.
L'articolo è in sé
interessante, per quanto non condivisibile in alcuni punti, in
particolare la conclusione. Il PD non è un partito socialista, ma un
partito liberal capitalista più o meno di destra.
Ma, per capirlo e per
capire come siamo arrivati a questa cosiddetta “eutanasia
socialista”, occorre analizzare l'articolo nella sua interezza –
come mi appresto a fare - e per farlo occorre avvalersi
dell'autorevolezza di almeno due autori, dei quali ho molto scritto,
in articoli e saggi: il filosofo orwelliano Jean-Claude Michéa e
Pier Paolo Pasolini.
Jean-Claude Michéa, in
almeno due saggi, “Il nostro nemico comune” (da me recensito qui:
https://amoreeliberta.blogspot.com/2018/05/il-socialismo-autentico-e-originario.html)
e “I misteri della sinistra” (da me recensito qui:
https://amoreeliberta.blogspot.com/2016/02/il-socialismo-non-e-di-sinistra-parola.html),
ha ottimamente spiegato il fenomeno per il quale – e non da oggi –
c'è stata un'implosione in senso liberal capitalista della sinistra
europea, che ha negato ogni forma di socialismo, al punto che,
possiamo dirlo, autentici partiti socialisti, in Europa, non esistono
pressoché più, se non di nome (escludendo i partiti
socialdemocratici del premier slovacco Robert Fico e del Presidente
della Repubblica slovacca Peter Pellegrini – inguistamente espulsi
dal PSE, ma questo la dice lunga - e poco altro, come ho spesso
spiegato).
Rifacendomi al pensiero
di Michéa, scrivevo, in proposito nel mio articolo: “La
sinistra, storicamente asservita alle logiche del capitale e della
borghesia ed oggi in tutta Europa miglior interprete dell'avvento del
capitalismo assoluto è, sin dai tempi della repressione (ordinata da
governi di sinistra) della Comune di Parigi (1870) e del Movimento
Spartachista guidato da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (1919), la
maggiore oppositrice del socialismo originario e autentico costituito
originariamente da operai e contadini, i quali finirono per allearsi
ai borghesi della sinistra liberale e progressista, in un abbraccio
mortale, unicamente in chiave antimonarchica e antireazionaria in
particolari momenti storici (l'Affaire Dreyfus in primis, l'avvento
dei fascismi ecc...).
Nel saggio “Il
nostro nemico comune”, a tal proposito, Michéa rammenta che, sino
al 1921, la SFIO, ovvero la Sezione Francese dell'Internazionale
Operaia (che darà poi origine al Partito Socialista Francese) ci
teneva a precisare di essere un partito "di lotta di classe e
rivoluzione" e che "né il blocco delle sinistre né il
ministerialismo", condannati entrambi, "troveranno la
minima possibilità di successo tra i suoi ranghi".
Ciò accadde in
Francia (ove lo stesso Partito Comunista Francese si definirà "di
sinistra" solo negli ultimi decenni), ma accadrà via via in
tutta Europa, portando ai giorni nostri i cosiddetti "partiti
socialisti", ormai abbandonata la lotta di classe e le antiche
rivendicazioni portate avanti dagli aderenti alla Prima
Internazionale (ricorda lo stesso Michéa che mai nel corso della
loro vita Marx, Engels, Bakunin, Proudhon si definirono "di
sinistra") a diventare i maggiori sostenitori dei vari Jobs Act,
Loi Travail, precarizzazione del lavoro, liberalizzazioni e
deregolamentazioni selvagge, austerità, distruzione dell'ambiente in
nome della crescita economica, perdita delle identità attraverso la
promozione del consumismo e dell'immigrazionismo ecc...
(...). “In tutto ciò
sarà proprio la sinistra europea a raccogliere la bandiera del
globalismo, del capitalismo assoluto e così via e ciò in nome del
"progresso", della "modernizzazione", della
"crescita economica" (che non è affatto infinita e
illimitata, come credono i liberali della sinistra!) e sostituendo le
antiche lotte di emancipazione del lavoro e del salario dei
socialisti originari con riforme civili quali "il matrimonio per
tutti", l'"utero in affitto" e la fecondazione
assistita (con tutte le loro ricadute in termini
economico-capitalistici ed utili unicamente a quelle classi sociali
che, economicamente, se le possono permettere) ecc...
Non è un caso, come
sottolinea Michéa, se i partiti di sinistra, in Francia e non solo,
sono votati massicciamente nei quartieri ricchi e "à la page"
e se il voto operaio si è via via spostato o verso l'astensione o
verso l'estrema destra e se un esponente della sinistra liberale come
Emmanuel Macron, uomo dei poteri finanziari, ha affermato - come
riportato da Michéa medesimo nel saggio - che essere di sinistra
oggi significa fare tutto ciò che è in nostro potere affinché
"ogni giovane abbia voglia di diventare miliardario”.
Lo scrittore dissidente
russo Eduard Limonov, altra figura della quale ho molto scritto, del
resto scriveva: “Perché i partiti
comunisti e socialisti sono degenerati? Perché dicono le stesse cose
dei liberali, hanno gli stessi obiettivi. Se i nostri nemici
ideologici predicano la produttività è stupido predicare ancora più
produttività”.
Invero, sono le stesse
identiche analisi che il marxista Pier Paolo Pasolini fece nel testo
che, il 4 novembre 1975, avrebbe dovuto leggere – se non fosse
stato barbaramente ucciso due giorni prima – al Congresso del
Partito Radicale.
Testo che fu comunque
letto e messo agli atti e nel quale possiamo trovare queste
profetiche parole, fra le tante: “(...) Io vi prospetto - in un
momento di giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il
maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi
intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison del
clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo
cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto
come nuova cultura e nuova qualità di vita.
Vi richiamo a quanto
dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere
immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di
produzione "creando come contesto alla propria ideologia
edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di
falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili".
Ora, la massa degli
intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxistizzazione
pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola
così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra,
altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale
progressista è fanaticamente convinto della bontà del proprio
contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in
sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere
gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e
totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale
potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti
come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile
potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera”.
Come scrissi in un mio
articolo di analisi a questo testo (leggibile qui:
https://amoreeliberta.blogspot.com/2023/11/pier-paolo-pasolini-profeta-contro-il.html):
“E' il Pasolini in dialogo con Pannella, ma anche critico nei
confronti dei radicali che, se allora sembravano difendere i diritti
di chi non sapeva di avere diritti, via via diventeranno partito del
capitalismo assoluto, senza aver compreso o avendo del tutto
dimenticato la lezione pasoliniana che poneva al centro la
contrapposizione fra lo sfruttato e lo sfruttatore e, il Nostro,
prenderà sempre le difese dello sfruttato e lo farà, forse fra i
pochi intellettuali marxisti finanche del suo tempo - assieme al
filosofo comunista francese Michel Clouscard - denunciando l'avvento
di quel "nuovo fascismo" che nei fatti sarebbe stato il
consumismo, l'edonismo, il materialismo borghese, il capitalismo
assoluto”.
Ecco dunque i germi, già
denunciati allora, di un sinistrismo borghese liberal capitalista
(ovvero una nuova forma di destra funzionale al consumo e alla
negazione dei diritti sociali, sostituendoli con effimere libertà
civili, spesso appannaggio dei più ricchi), estraneo alla tradizione
socialista originaria dei Proudhon, Garibaldi, Mazzini, Bakunin, Marx
ed Engels, paladini della Prima Internazionale dei Lavoratori del
1864, ma anche degli Aleksandr Herzen, socialista populista russo,
amico di Mazzini e Garibaldi e populista rettamente inteso, ovvero
“dalla parte del popolo e per il popolo”, come storicamente sono
sempre stati tutti i socialisti delle origini.
Come dalla parte del
popolo e per il popolo sono i socialisti autentici latinoamericani
come Lula, Hugo Chavez, il compianto José “Pepe” Mujica, Juan
Domingo ed Evita Peron e i loro eredi oggi (come la Kirchner,
ingiustamente incarcerata, come Lula a suo tempo, come Correa, come
la fine che avrebbero voluto fare a Bettino Craxi....) e moltissimi
altri, che hanno saputo coniugare: giustizia sociale, autogestione
delle imprese, economia socialista di mercato, settori chiave
dell'economia saldamente nelle mani pubbliche. Come nella Cina
socialista riformista, da Deng Xiaoping a Xi Jinping, ormai avviata a
diventare la prima potenza mondiale e a presentarsi quale non
egemone, ma cooperante ed inclusiva, a differenza degli USA, ancora
fermi alla mentalità della Guerra Fredda.
Un socialismo che,
volutamente, fu fatto implodere in tutta Europa a partire dal 1993,
con la falsa rivoluzione di Tangentopoli; con lo snaturamento del
laburismo britannico da parte del guerrafondaio liberal capitalista
Blair (e oggi con Starmer); con le persecuzioni dei socialisti e dei
comunisti nei Paesi dell'Est ormai passati al capitalismo assoluto,
dopo la distruzione dell'URSS voluta da settori liberal capitalisti
del PCUS (Jakovlev, Gorbaciov, Eltsin), non più comunisti, o mai
stati comunisti...
Poi ci si stupisce se
molti elettori potenzialmente socialisti si astengono o votano a
destra?
Posso dire che
personalmente, socialista da quando avevo 14 anni, dopo il governo
D'Alema, che fece bombardare ciò che rimaneva della Jugoslavia,
preferii avvicinarmi (prima di diventare un
astensionista convinto, quale sono ancora oggi) ai socialisti berlusconiani.
Conobbi e diventai
amico di Gianni De Michelis e lessi con avidità gli editoriali che
Bettino Craxi scriveva su “L'Avanti!”, da Hammamet, contro ogni
guerra e ogni bomba ed anche quelli dell'ottimo ex Ministro del PSDI
Luigi Preti. E lessi avidamente un romanzo verità di Bettino che
consiglio caldamente e che spiega molte cose, “Parigi –
Hammamet”, da me qui recensito:
https://amoreeliberta.blogspot.com/2020/02/parigi-hammamet-il-thriller-inedito-di.html.
Ancora oggi avremmo
necessità di quello spirito dialogante tipico del socialismo della
Prima Repubblica, altro che armi alle autocrazie (che non fanno parte
né dell'UE, né della NATO) o a chi bombarda popoli inermi in Medio
Oriente!
Avremmo necessità di
socialismo, ma rettamente inteso e senza equivoci liberal capitalisti
e/o guerrafondai.
Un socialismo come quello
di Bettino Craxi, di Giuseppe Saragat (che, come Turati, non amava
affatto la parola riformista e che nel suo discorso a Palazzo
Barberini, nel 1947, disse, come riporta Giuseppe Averardi in “I
socialisti democratici”: “Quanto più il
proletariato sarà democratico, tanto più troverà alleati, tanto
più sarà forte. Oggi si pensa che l'ultima parola della saggezza
politica sia il riformismo anti-democratico. Noi pensiamo invece che
debba essere la democrazia anti-riformista”)
di Roberto Tremelloni, di Mario Bergamo, di Luigi Mariotti, di Pietro Longo, di Hugo
Chavez, di Lula, di Jeremy Corbyn e così via, come vado scrivendo da
un bel po' di annetti.
Altro che aggiungere una
“s” alla “d” del PD!
Occorre riannodare i fili
di ciò che è stato volutamente distrutto (pensiamo anche alla
tragica defenestrazione del socialista Gheddafi in Libia e a quella
del laico-socialista Assad in Siria, per lasciare spazio al caos e
agli islamisti...ma amici di un Occidente che il socialismo non lo ha
mai amato né voluto).
Che un socialismo
autentico, in Europa, possa rinascere, ci credo molto poco. Che sia
presente, in molti Paesi del mondo, invece, è una realtà.
Forse perché Paesi che
hanno imparato dalla loro Storia e cultura, oltre che dalle
disavventure dei rispettivi popoli. E, chi impara dalla propria
Storia e dall'esperienza, ha in mano il presente e futuro.
Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it