giovedì 10 luglio 2025

Eutanasia del socialismo riformista o necessità del recupero di un socialismo autentico e rettamente inteso? Articolo di Luca Bagatin

 

Un amico, che conosco da oltre vent'anni, di area liberale e con il quale – su posizioni opposte - discuto spesso di politica, mi ha segnalato un articolo del 9 luglio scorso, a firma Marco Gervasoni, sull'Huffington Post, dal titolo “Eutanasia del socialismo riformista”.

E' un articolo che merita attenta analisi e critica e ringrazio il mio amico per avermelo segnalato, perché mi permette di aprire un'analisi sulla fine – a mio avviso voluta - del socialismo in Italia e in Europa e su un suo possibile recupero, almeno sul piano intellettuale.

L'articolo si rifà a un recente convegno, organizzato da Gennaro Acquaviva della Fondazione Socialismo, dal titolo “Le idee del socialismo ci salveranno”.

Convegno a parte, Gervasoni spiega come oggi “i partiti socialisti, socialdemocratici, laburisti, sono in preda a una lenta eutanasia”. E sottolinea come essi retrocedano non in favore di una “destra democratica e liberale”, ma di una destra “nazionalista e populista”.

Poi, facendo un breve excursus del socialismo dall'800 ai giorni nostri, spiega come ad un certo punto, con Blair, Jospin e Schroder, ma anche con D'Alema e Veltroni (che pur socialisti non sono mai stati, ammesso che siano stati davvero comunisti, aggiungerei), il socialismo ha iniziato a “tradire sé stesso”.

Ovvero, l'articolista spiega come il tema principale dei partiti socialisti non sia più stata la lotta alle diseguaglianze, ma la promozione delle “libertà” (compresa quella di “creare nuove diseguaglianze”).

Gervasoni spiega come questo, inizialmente, abbia pagato sul piano elettorale, ma, con il tempo, quando i lavoratori e i cittadini nel loro complesso, hanno iniziato a comprendere che le politiche di questa “nuova sinistra” hanno finito per peggiorare le loro condizioni di vita, iniziarono o ad astenersi, o a rivolgere il loro voto alla destra “nazionalista populista, reazionaria e xenofoba”.

E aggiunge che, più gli elettori si spostavano verso questa destra e più i cosiddetti “socialdemocratici” diventavano centristi o rincorrevano le politiche della destra.

E cita il caso di Matteo Renzi che “da sinistra”, ha abolito l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Il riformismo è morto”, spiega Gervasoni, ma ha successo il “socialismo populista” in America Latina, che però non riesce ad affermarsi in Europa.

E conclude dicendo che, forse basterà cambiare nome al PD e al posto della “d” metterci la “s” di socialista.

L'articolo è in sé interessante, per quanto non condivisibile in alcuni punti, in particolare la conclusione. Il PD non è un partito socialista, ma un partito liberal capitalista più o meno di destra.

Ma, per capirlo e per capire come siamo arrivati a questa cosiddetta “eutanasia socialista”, occorre analizzare l'articolo nella sua interezza – come mi appresto a fare - e per farlo occorre avvalersi dell'autorevolezza di almeno due autori, dei quali ho molto scritto, in articoli e saggi: il filosofo orwelliano Jean-Claude Michéa e Pier Paolo Pasolini.

Jean-Claude Michéa, in almeno due saggi, “Il nostro nemico comune” (da me recensito qui: https://amoreeliberta.blogspot.com/2018/05/il-socialismo-autentico-e-originario.html) e “I misteri della sinistra” (da me recensito qui: https://amoreeliberta.blogspot.com/2016/02/il-socialismo-non-e-di-sinistra-parola.html), ha ottimamente spiegato il fenomeno per il quale – e non da oggi – c'è stata un'implosione in senso liberal capitalista della sinistra europea, che ha negato ogni forma di socialismo, al punto che, possiamo dirlo, autentici partiti socialisti, in Europa, non esistono pressoché più, se non di nome (escludendo i partiti socialdemocratici del premier slovacco Robert Fico e del Presidente della Repubblica slovacca Peter Pellegrini – inguistamente espulsi dal PSE, ma questo la dice lunga - e poco altro, come ho spesso spiegato).

Rifacendomi al pensiero di Michéa, scrivevo, in proposito nel mio articolo: “La sinistra, storicamente asservita alle logiche del capitale e della borghesia ed oggi in tutta Europa miglior interprete dell'avvento del capitalismo assoluto è, sin dai tempi della repressione (ordinata da governi di sinistra) della Comune di Parigi (1870) e del Movimento Spartachista guidato da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht (1919), la maggiore oppositrice del socialismo originario e autentico costituito originariamente da operai e contadini, i quali finirono per allearsi ai borghesi della sinistra liberale e progressista, in un abbraccio mortale, unicamente in chiave antimonarchica e antireazionaria in particolari momenti storici (l'Affaire Dreyfus in primis, l'avvento dei fascismi ecc...).

Nel saggio “Il nostro nemico comune”, a tal proposito, Michéa rammenta che, sino al 1921, la SFIO, ovvero la Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (che darà poi origine al Partito Socialista Francese) ci teneva a precisare di essere un partito "di lotta di classe e rivoluzione" e che "né il blocco delle sinistre né il ministerialismo", condannati entrambi, "troveranno la minima possibilità di successo tra i suoi ranghi".

Ciò accadde in Francia (ove lo stesso Partito Comunista Francese si definirà "di sinistra" solo negli ultimi decenni), ma accadrà via via in tutta Europa, portando ai giorni nostri i cosiddetti "partiti socialisti", ormai abbandonata la lotta di classe e le antiche rivendicazioni portate avanti dagli aderenti alla Prima Internazionale (ricorda lo stesso Michéa che mai nel corso della loro vita Marx, Engels, Bakunin, Proudhon si definirono "di sinistra") a diventare i maggiori sostenitori dei vari Jobs Act, Loi Travail, precarizzazione del lavoro, liberalizzazioni e deregolamentazioni selvagge, austerità, distruzione dell'ambiente in nome della crescita economica, perdita delle identità attraverso la promozione del consumismo e dell'immigrazionismo ecc...

(...). “In tutto ciò sarà proprio la sinistra europea a raccogliere la bandiera del globalismo, del capitalismo assoluto e così via e ciò in nome del "progresso", della "modernizzazione", della "crescita economica" (che non è affatto infinita e illimitata, come credono i liberali della sinistra!) e sostituendo le antiche lotte di emancipazione del lavoro e del salario dei socialisti originari con riforme civili quali "il matrimonio per tutti", l'"utero in affitto" e la fecondazione assistita (con tutte le loro ricadute in termini economico-capitalistici ed utili unicamente a quelle classi sociali che, economicamente, se le possono permettere) ecc...

Non è un caso, come sottolinea Michéa, se i partiti di sinistra, in Francia e non solo, sono votati massicciamente nei quartieri ricchi e "à la page" e se il voto operaio si è via via spostato o verso l'astensione o verso l'estrema destra e se un esponente della sinistra liberale come Emmanuel Macron, uomo dei poteri finanziari, ha affermato - come riportato da Michéa medesimo nel saggio - che essere di sinistra oggi significa fare tutto ciò che è in nostro potere affinché "ogni giovane abbia voglia di diventare miliardario”.

Lo scrittore dissidente russo Eduard Limonov, altra figura della quale ho molto scritto, del resto scriveva: Perché i partiti comunisti e socialisti sono degenerati? Perché dicono le stesse cose dei liberali, hanno gli stessi obiettivi. Se i nostri nemici ideologici predicano la produttività è stupido predicare ancora più produttività”.

Invero, sono le stesse identiche analisi che il marxista Pier Paolo Pasolini fece nel testo che, il 4 novembre 1975, avrebbe dovuto leggere – se non fosse stato barbaramente ucciso due giorni prima – al Congresso del Partito Radicale.

Testo che fu comunque letto e messo agli atti e nel quale possiamo trovare queste profetiche parole, fra le tante: “(...) Io vi prospetto - in un momento di giusta euforia delle sinistre - quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison del clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita.

Vi richiamo a quanto dicevo alla fine del paragrafo quinto: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione "creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili".

Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi, attraverso una marxistizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto della bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera”.

Come scrissi in un mio articolo di analisi a questo testo (leggibile qui: https://amoreeliberta.blogspot.com/2023/11/pier-paolo-pasolini-profeta-contro-il.html): “E' il Pasolini in dialogo con Pannella, ma anche critico nei confronti dei radicali che, se allora sembravano difendere i diritti di chi non sapeva di avere diritti, via via diventeranno partito del capitalismo assoluto, senza aver compreso o avendo del tutto dimenticato la lezione pasoliniana che poneva al centro la contrapposizione fra lo sfruttato e lo sfruttatore e, il Nostro, prenderà sempre le difese dello sfruttato e lo farà, forse fra i pochi intellettuali marxisti finanche del suo tempo - assieme al filosofo comunista francese Michel Clouscard - denunciando l'avvento di quel "nuovo fascismo" che nei fatti sarebbe stato il consumismo, l'edonismo, il materialismo borghese, il capitalismo assoluto”.

Ecco dunque i germi, già denunciati allora, di un sinistrismo borghese liberal capitalista (ovvero una nuova forma di destra funzionale al consumo e alla negazione dei diritti sociali, sostituendoli con effimere libertà civili, spesso appannaggio dei più ricchi), estraneo alla tradizione socialista originaria dei Proudhon, Garibaldi, Mazzini, Bakunin, Marx ed Engels, paladini della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864, ma anche degli Aleksandr Herzen, socialista populista russo, amico di Mazzini e Garibaldi e populista rettamente inteso, ovvero “dalla parte del popolo e per il popolo”, come storicamente sono sempre stati tutti i socialisti delle origini.

Come dalla parte del popolo e per il popolo sono i socialisti autentici latinoamericani come Lula, Hugo Chavez, il compianto José “Pepe” Mujica, Juan Domingo ed Evita Peron e i loro eredi oggi (come la Kirchner, ingiustamente incarcerata, come Lula a suo tempo, come Correa, come la fine che avrebbero voluto fare a Bettino Craxi....) e moltissimi altri, che hanno saputo coniugare: giustizia sociale, autogestione delle imprese, economia socialista di mercato, settori chiave dell'economia saldamente nelle mani pubbliche. Come nella Cina socialista riformista, da Deng Xiaoping a Xi Jinping, ormai avviata a diventare la prima potenza mondiale e a presentarsi quale non egemone, ma cooperante ed inclusiva, a differenza degli USA, ancora fermi alla mentalità della Guerra Fredda.

Un socialismo che, volutamente, fu fatto implodere in tutta Europa a partire dal 1993, con la falsa rivoluzione di Tangentopoli; con lo snaturamento del laburismo britannico da parte del guerrafondaio liberal capitalista Blair (e oggi con Starmer); con le persecuzioni dei socialisti e dei comunisti nei Paesi dell'Est ormai passati al capitalismo assoluto, dopo la distruzione dell'URSS voluta da settori liberal capitalisti del PCUS (Jakovlev, Gorbaciov, Eltsin), non più comunisti, o mai stati comunisti...

Poi ci si stupisce se molti elettori potenzialmente socialisti si astengono o votano a destra?

Posso dire che personalmente, socialista da quando avevo 14 anni, dopo il governo D'Alema, che fece bombardare ciò che rimaneva della Jugoslavia, preferii avvicinarmi (prima di diventare un astensionista convinto, quale sono ancora oggi) ai socialisti berlusconiani. 

Conobbi e diventai amico di Gianni De Michelis e lessi con avidità gli editoriali che Bettino Craxi scriveva su “L'Avanti!”, da Hammamet, contro ogni guerra e ogni bomba ed anche quelli dell'ottimo ex Ministro del PSDI Luigi Preti. E lessi avidamente un romanzo verità di Bettino che consiglio caldamente e che spiega molte cose, “Parigi – Hammamet”, da me qui recensito: https://amoreeliberta.blogspot.com/2020/02/parigi-hammamet-il-thriller-inedito-di.html.

Ancora oggi avremmo necessità di quello spirito dialogante tipico del socialismo della Prima Repubblica, altro che armi alle autocrazie (che non fanno parte né dell'UE, né della NATO) o a chi bombarda popoli inermi in Medio Oriente!

Avremmo necessità di socialismo, ma rettamente inteso e senza equivoci liberal capitalisti e/o guerrafondai.

Un socialismo come quello di Bettino Craxi, di Giuseppe Saragat (che, come Turati, non amava affatto la parola riformista e che nel suo discorso a Palazzo Barberini, nel 1947, disse, come riporta Giuseppe Averardi in “I socialisti democratici”: “Quanto più il proletariato sarà democratico, tanto più troverà alleati, tanto più sarà forte. Oggi si pensa che l'ultima parola della saggezza politica sia il riformismo anti-democratico. Noi pensiamo invece che debba essere la democrazia anti-riformista”) di Roberto Tremelloni, di Mario Bergamo, di Luigi Mariotti, di Pietro Longo, di Hugo Chavez, di Lula, di Jeremy Corbyn e così via, come vado scrivendo da un bel po' di annetti.

Altro che aggiungere una “s” alla “d” del PD!

Occorre riannodare i fili di ciò che è stato volutamente distrutto (pensiamo anche alla tragica defenestrazione del socialista Gheddafi in Libia e a quella del laico-socialista Assad in Siria, per lasciare spazio al caos e agli islamisti...ma amici di un Occidente che il socialismo non lo ha mai amato né voluto).

Che un socialismo autentico, in Europa, possa rinascere, ci credo molto poco. Che sia presente, in molti Paesi del mondo, invece, è una realtà.

Forse perché Paesi che hanno imparato dalla loro Storia e cultura, oltre che dalle disavventure dei rispettivi popoli. E, chi impara dalla propria Storia e dall'esperienza, ha in mano il presente e futuro.

Luca Bagatin

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lunedì 7 luglio 2025

Vertice BRICS di Rio de Janeiro. Un Presidente Lula a tutto campo, per la pace, la cooperazione e contro le diseguaglianze del liberal capitalismo. Articolo di Luca Bagatin

 

Domenica 6 luglio scorsa si è aperto, a Rio de Janeiro, il vertice dei BRICS, alla presenza dei capi di Stato e di governo e dei Ministri degli Esteri dei Paesi membri (Brasile, Cina, Sudafrica, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia, India, Iran e Russia) e di quelli associati (Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam).

Il Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che ha ospitato il vertice, ha criticato la decisione della NATO di aumentare le spese militari, in particolare in un momento storico nel quale il mondo ha assoluta necessità di investire risorse nella lotta alla povertà e alla disuguaglianza.

Egli ha, inoltre, criticato il regime di Netanyahu, affermando che “Non possiamo rimanere indifferenti al genocidio compiuto da Israele a Gaza, all'uccisione indiscriminata di civili innocenti e all'uso della fame come arma di guerra”.

Relativamente alla crisi ucraina, ha invitato a sostenere il dialogo fra Russia e Ucraina, fortemente incoraggiato dal Gruppo degli Amici per la Pace, costituito da Cina e Brasile, con il sostegno dei Paesi del Sud del mondo.

Egli, inoltre, ha criticato il ruolo del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, in quanto le loro politiche hanno ridotto l'afflusso degli aiuti internazionali, mentre il debito dei Paesi poveri, nei confronti di tali istituzioni, è aumentato.

In tal senso ha chiesto di aumentare il potere contrattuale dei BRICS nell'ambito del FMI, passando dall'attuale 18%, almeno al 25%, corrispondente al peso economico che i Paesi BRICS effettivamente detengono.

Il Presidente socialista Lula ha altresì puntato il dito contro il liberal capitalismo, responsabile dell'aumento delle diseguaglianze nel mondo e ha spiegato che è necessario che i più ricchi paghino più tasse e che la lotta all'evasione fiscale sia posta al primo posto.

Egli ha inoltre affermato che i BRICS si stanno impegnando per adottare una governance per l'Intelligenza Artificiale, in modo che essa agisca nell'ambito di un modello equo ed inclusivo e non divenga privilegio di pochi Paesi ricchi o venga manipolata ad uso e consumo di qualche miliardario, per i suoi scopi personali.

Un Lula a tutto campo, che ha riaffermato valori socialisti autentici, di buonsenso, di cooperazione, pace e sicurezza internazionale, ripresi poi da tutto il gruppo dei BRICS.

Il gruppo dei BRICS, nel suo complesso, ha inoltre sollevato serie preoccupazioni relativamente all'aumento dei dazi da parte degli USA, che negano le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e “minacciano di ridurre il commercio globale, interrompere le catene di approvvigionamento globali e introdurre incertezza”.

I BRICS stanno dunque rappresentando sempre più una seria alternativa all'egemonia liberal capitalista che rappresenta un Occidente a guida USA (con l'UE al traino) in decadenza, senza prospettive di ampio respiro e sempre pronto a far parlare le armi, anziché la ragionevolezza, la logica, l'equità, la giustizia e l'inclusivismo.

Luca Bagatin

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domenica 6 luglio 2025

Per un socialismo democratico, senza equivoci, ben venga il nuovo partito di Jeremy Corbyn e Zarah Sultana. Articolo di Luca Bagatin


Di partiti socialisti autentici e senza equivoci, l'UE ha grande necessità. Almeno dal 1993.

Quando furono spazzati via – come il caso del PSI di Bettino Craxi – o quando furono deliberatamente snaturati e svuotati da gente come Tony Blair e da molti altri, mai stati socialisti un solo giorno nella loro vita.

L'unico partito serio al governo in UE, socialista e democratico, è “SMER – Direzione Socialdemocrazia”, del Premier slovacco Robert Fico. Oltre a “HLAS – Voce Socialdemocrazia” del Presidente della Repubblica slovacco Peter Pellegrini. E, per molti versi, la coalizione socialista e di sinistra spagnola guidata da Pedro Sanchez. Poco altro, altrove, ma purtroppo all'opposizione, come la tedesca Sahra Wagenknecht, i bonapartisti di sinistra francesi e l'irlandese Mick Wallace.

Per il resto, dalla Germania ai Paesi nordici, fino all'Italia, solo pseudo socialisti e pseudo socialdemocratici, sostenitori di autocrazie di destra, estranee all'UE e alla NATO, che chiedono continuamente più armi per una guerra persa in partenza. E sostenitori, da decenni, della distruzione di quel che rimane del comparto pubblico e dello stato sociale, al punto da aver reso popolari e portato letteralmente al governo le destre, alle quali fingono ampiamente di contrapporsi.

Ecco, dunque, che personalità come il britannico Jeremy Corbyn, già leader Laburista, ingiustamente espulso – nel 2020 - da un Partito Laburista sempre più di estrema destra e svuotato di ogni connotazione socialista, potrebbero far ben sperare.

E proprio la speranza della nascita di un vero partito di ispirazione socialista in Gran Bretagna, si dovrebbe a Corbyn, oggi deputato indipendente, e alla deputata Zarah Sultana, sospesa ingiustamente un anno fa dal partito dello pseudo laburista Keir Starmer.

Quest'ultima, infatti, fu rea, assieme ad altri sette deputati laburisti, di aver votato contro il governo, per sostenere un emendamento che aboliva il tetto dei sussidi per i due figli a carico.

Dimessasi dal Partito Laburista il 3 luglio scorso, Sultana si è fatta portavoce, con Corbyn, della costituzione di un nuovo e autentico partito socialista.

Critica, assieme a Corbyn, delle politiche antisociali e guerrafondaie di Starmer, è stata molto critica nei confronti della politica estera pseudo-laburista, volta a sostenere il regime di Netanyahu contro il popolo palestinese ed in merito ha sostenuto che “questo governo è un partecipante attivo al genocidio. E il popolo britannico si oppone ad esso”.

Non c'è ancora un nome ufficiale del nuovo, possibile partito che mira a recuperare i voti laburisti e socialisti autentici, ma l'obiettivo sembra essere quello di promuovere candidati alle prossime elezioni amministrative.

Con uno Starmer in caduta libera nei consensi, un Partito Laburista ormai completamente svuotato dei valori laburisti e con un vento socialista di cui la Gran Bretagna sembra avere un gran bisogno, lo spazio per questo nuovo partito c'è eccome.

Pare che, stando ai sondaggi, potrebbe raccogliere circa il 10%, con punte del 32% fra i giovani tra i 18 e i 24 anni.

Il mondo socialista autentico, senza equivoci, che antepone l'interesse pubblico a quello privato e che coniuga economia di mercato a controllo dei settori chiave dell'economia, del resto, ha ampiamente dimostrato, storicamente e nel mondo, di essere vincente.

Una lezione in questo senso, in Italia e Europa, ce la diede Bettino Craxi. In America Latina ce l'ha data Hugo Chavez (e non solo) e oggi ce la da, ancora una volta, il brasiliano Lula. Per non parlare di un Partito Comunista Cinese, guidato dal riformista Xi Jinping, che ha superato i 100 milioni di iscritti e modernizzato la Cina, rendendola un'eccellenza nel mondo, sia sotto il punto di vista sociale (eradicando la povertà estrema), sia sotto il profilo della sicurezza interna e della lotta alla corruzione, sia sotto il profilo geopolitico e della cooperazione internazionale, promuovendo una comunità umana dal futuro condiviso.

Questo è socialismo senza equivoci. Che coniuga umanitarismo marxista, libertarismo proudhoniano, socialismo democratico garibaldino, repubblicanesimo mazziniano.

Contro un liberal capitalismo che ha messo in vendita ogni cosa e che sta promuovendo un mondo più caotico, meno sicuro e volto alla distruzione.

Luca Bagatin

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venerdì 4 luglio 2025

Il Presidente socialista brasiliano Lula incontra l'ex Presidentessa peronista argentina Kirchner e ne chiede la liberazione. Articolo di Luca Bagatin

 

Come avevo scritto alcune settimane fa (https://amoreeliberta.blogspot.com/2025/06/cristina-kirchner-condannata-la-piazza.html), l'ex Presidentessa peronista dell'Argentina, Cristina Kirchner, è stata condannata dalla Corte Suprema argentina a sei anni di prigione, per presunta corruzione relativa al periodo nel quale governò il Paese.

Una sentenza politica, che ha fatto discutere e che ha trovato la ferma opposizione della sinistra argentina, peronisti in testa, i quali hanno a lungo manifestato per chiedere la liberazione dell'ex Presidentessa, paladina dei diritti sociali e civili, assieme al marito, durante i loro anni di buongoverno.

Fra i primi leader a sostenerla, il Presidente socialista del Brasile Lula da Silva, il quale, nei giorni scorsi, trovandosi in Argentina per ricoprire la carica di Presidente pro tempore del Mercosur, le ha fatto visita, presso la sua abitazione, nella quale si trova agli arresti domiciliari.

L'incontro è durato circa un'ora e la Presidentessa ha espresso profonda gratitudine per la visita dell'amico Lula e lo ha fatto anche attraverso i social, ove lo ha ringraziato per il suo “atto politico di solidarietà”.

L'ex Presidentessa Kirchner non ha lesinato critiche alla magistratura, scrivendo che essa “ha smesso di nascondere la sua subordinazione politica ed è diventato un partito politico al servizio del potere economico”.

E ha puntato il dito contro il fallimentare e autoritario governo liberal capitalista di Milei, scrivendo che “l'Argentina vive un'autentica deriva autoritaria attraverso il governo Milei”. Aggiungendo che “Ci è voluto troppo tempo per costruire la democrazia argentina per permettere che ora, passo dopo passo, la smantellino. Tuttavia, questa stessa democrazia oggi è svuotata dall'interno attraverso un governo che si dice “libertario”... ma che garantisce la libertà solo ai più ricchi”.

L'ex Presidentessa Kirchner denuncia, inoltre, le ripetute violazioni alla libertà di stampa e le numerose violazioni alla libertà di coloro i quali si oppongono all'attuale governo, parlando, senza mezzi termini, di “terrorismo di Stato a bassa intensità”.

Inoltre, ha denunciato la folle politica di deregolamentazione economica, fatta di privatizzazioni indiscriminate, svendita del Paese al Fondo Monetario Internazionale e crollo vertiginoso dei salari.

Ha invitato altresì alla mobilitazione di popolo contro tutto ciò e elogiato la politica socialista e democratica di Lula, in Brasile.

Lula, da parte sua, ha dichiarato sui social: “Oltre a esprimere la mia solidarietà per tutto ciò che (Cristina Kirchner) ha vissuto, le ho augurato tutta la forza per continuare a lottare con la stessa determinazione che ha caratterizzato la sua vita e la sua carriera politica” e ha aggiunto: “Ho potuto percepire il sostegno popolare che ha ricevuto nelle strade e so quanto sia importante questo riconoscimento nei momenti più difficili. Che tu possa stare bene e continuare la tua lotta per la giustizia”.

Lo stesso Lula, peraltro, fu vittima di una persecuzione giudiziaria che lo portò a trascorrere oltre 500 giorni di prigione, impedendogli di partecipare alle elezioni del 2018, che consegnarono la vittoria al liberal capitalista Jair Bolsonaro che, come Milei, riportò il Paese indietro di decenni e ne distrusse le conquiste sociali e civili.

Una storia, come ho già altre volte scritto, vista anche in Italia (e non solo) con l'ingiusta liquidazione politica di Bettino Craxi e del PSI.

A sostenere l'ex Presidentessa Cristina Kirchner, fuori dal suo appartamento, numerosi attivisti peronisti e del Partito dei Lavoratori di Lula, oltre che numerosi cittadini argentini, che hanno voluto richiedere, a gran voce, la sua liberazione e la possibilità di presentarsi alle elezioni, in autunno.

E' stata anche diffusa l'immagine che vede il Presidente brasiliano con il cartello “Cristina libera”, slogan della denuncia della persecuzione politica che Cristina Kirchner sta subendo.

Il Presidente Lula, peraltro, al vertice del Mercosur, ha ribadito la necessità di rafforzare il multilateralismo, l'integrazione regionale, la lotta alla guerra dei dazi scatenata dagli USA e il rilancio del Mercosur quale strumento di protezione sociale e sviluppo per tutti i cittadini latinoamericani. E ciò in contrasto con le politiche dei governi liberal capitalisti e della destra autoritaria, da sempre vicini agli USA e da essi sostenuti.

Luca Bagatin

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Nato il 4 luglio. Giuseppe Garibaldi, l'amico degli umili e dei popoli. Articolo di Luca Bagatin

 

La figura di Giuseppe Garibaldi (1807 - 1882) è ancora oggi poco conosciuta, in quanto poco studiata ed approfondita, specie attraverso gli scritti di coloro i quali vissero e combatterono con lui e ne descrissero le gesta. Prima fra tutti la biografa e giornalista, oltre che patriota Jessie White Mario (1832 – 1906), le cui opere dell'epoca non risultano più essere state di recente ripubblicate.

Purtroppo sulla figura di Garibaldi, salvo gli storici contemporanei Denis Mack Smith e Aldo A. Mola, pochi sono coloro i quali hanno scritto del Generale in modo obiettivo, senza livore complottistico ed antirisorgimentale tipico di coloro i quali hanno preferito seguire certa storiografia clericale, anziché la realtà storica e le gesta dell'Eroe senza macchia, che visse e morì povero, senza onori, che peraltro rifiutò.

Giuseppe Garibaldi fu fra i fondatori, con Mazzini, Marx, Engels e Bakunin, della Prima Internazionale dei Lavoratori (1864) e questo certa storiografia preferisce dimenticarlo, forse perché il Generale fu socialista libertario, sansimoniano e umanitario. E Friedrich Engels (1820 - 1895), grande sostenitore dell'impresa dei Mille (1860), ebbe sempre per lui parole di stima, come quando, a proposito di tale azione militare, scrisse: “Garibaldi ha dimostrato di essere non soltanto un capo coraggioso, ma anche un generale dotato di una buona preparazione scientifica. L'attacco aperto a una catena di forti costieri è un'impresa che richiede non soltanto talento militare, ma anche scienza militare”.

Pochi sanno che il Generale Giuseppe Garibaldi scrisse peraltro due romanzi, ripubblicati nel 2006 dalla casa editrice Kaos, ovvero “Cantoni il volontario” e “Il governo dei preti”, entrambi pubblicati per la prima volta nel 1870, prima della Breccia di Porta Pia. Scrive in proposito il prof. Giorgio Galli nella prefazione ad uno dei romanzi di Garibaldi, ovvero “Cantoni il volontario”, riedito dalla casa editrice Kaos nel 2006: “Tra le righe di “Cantoni il volontario”, così come del “Governo dei preti”, si possono leggere i tratti del profilo di Garibaldi. Socialista libertario ingenuo ma non incolto, generale guerrigliero ma non militarista né guerrafondaio, eroe popolare vittorioso ma schivo, anticlericale eppure non insensibile alla fede e alla spiritualità. Solidale con le condizioni delle classi subalterne, rispettoso della figura e del ruolo della donna, cosmpolita e terzomondista ante litteram, perfino dotato di una sensibilità ambientalista (…)”.

Ritango che tale descrizione fatta dal prof. Galli sia davvero emblematica e riassuntiva del personaggio che fu eroe di tutte le cause – dall'America Latina all'Italia – d'emancipazione popolare e sociale.

Eroe che richiese sempre precisi impegni ai suoi interlocutori e, non a caso, rifiutò di combattere a fianco dei nordisti nella Guerra Civile Americana o Guerra di Secessione Americana (1861 – 1865) in quanto Lincoln non prese mai un impegni pubblico per l'abolizione della schiavitù.

Fu amante dell'ambiente e degli animali, tanto che fondò l'Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) tutt'oggi attivo. Fu ingenuo, certo, in quanto si fidò del Re e di Casa Savoia pur di fare l'Italia.

Un'Italia che però non nacque come egli e Mazzini auspicavano: onesta, laica, indipendente, sovrana. Ma corrotta e ben presto clericale, al punto che Garibaldi – coerentemente con i suoi principi e le sue idee – il 27 settembre 1880 si dimise da deputato al Parlamento scrivendo sul giornale “La Capitale” di non voler essere “tra i legislatori di un Paese dove la libertà è calpastata e la legge non serve nella sua applicazione che a garantire la libertà ai gesuiti ed ai nemici dell'unità d'Italia. Tutt'altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa, miserabile all'interno e umiliata all'estero”. Dopo di ciò il Generale tornò nella sua Caprera a fare il mestiere di sempre, ovvero l'agricoltore.

Garibaldi fu massone e teosofo e lo rimase per tutta la vita nel suo cuore, anche allorquando, in polemica con i massoni della sua epoca assai poco massoni, si dimise da ogni carica. Ricoprì la carica di Gran Maestro dell'Umanità (mai data a nessun altro massone) e, in Italia, la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia e fu il primo ad iniziare le donne in Massoneria, iniziando, pare, anche l'occultista russa Helena Petrovna Blavatsky (1831 - 1891), fondatrice della Società Teosofica e che fu sempre una sua sostenitrice, anche durante la battaglia di Mentana (1867) alla quale prese parte.

Molte cose potrebbero essere dette su Garibaldi, come sui suoi amori. Il più grande fu quello per la rivoluzionaria brasiliana Anita, ovvero per Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva (1821 - 1849), la quale combattè al suo fianco sia in America Latina che in Italia, in particolare durante la Repubblica Romana (1849), ove morì poco dopo a causa della malaria a soli 28 anni. 

A Garibaldi si ispirò anche il rivoluzionario e Ministro cubano Ernesto Che Guevara, il quale, nel 1955 dichiarò: "L'unico eroe di cui il mondo ha mai avuto bisogno si chiama Giuseppe Garibaldi".

E anche l'indimendicato Presidente socialista del Venezuela, Hugo Chavez, ricordò spesso la figura di Garibaldi, il quale influenzò molto la sua Rivoluzione Bolivariana e Socialista. 

Giuseppe Garibaldi è e rimane una figura centrale nel panorama non solo risorgimentale, ma anche degli Eroi di tutti i tempi. Giuseppe Garibaldi fu infatti prima di tutto l'amico degli uomini e dei popoli per eccellenza e, come al conte Alessandro Cagliostro, sembrò toccare la stessa sorte: amato dagli umili, vilipeso da coloro i quali erano e sono in malafede.

Ma ciò non può toccare il cuore di coloro i quali ricercano, intimamente, il bene dell'umanità e credono nel valore dell'amore e della fratellanza universale. Senza distinzioni.

Luca Bagatin

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martedì 1 luglio 2025

Il socialismo dai colori cinesi descritto dal Sen. Vittorino Colombo. Articolo di Luca Bagatin

 

Che “il socialismo dai colori cinesi”, come ebbe egli stesso a definirlo, fosse profondamente lungimirante e da ammirare e approfondire, se ne accorse già il Senatore della Democrazia Cristiana e già più volte Ministro, oltre che Presidente del Senato, Vittorino Colombo (1925 - 1996).

Egli del resto fondò la rivista “Mondo Cinese”, nel 1973, quale pubblicazione dell'Istituto Italo Cinese, per approfondire quella interessante realtà, che si stava evolvendo.

Ho avuto modo di leggere, in questo periodo, un suo interessante saggio, pubblicato nel 1986 dalle Edizioni del Sole24 Ore, dal titolo “La Cina verso il 2000 – Il socialismo dal colori cinesi”.

Tale saggio è particolarmente interessante, perché, parlandoci della nuovo corso riformista socialista cinese, impresso da Deng Xiaoping, ma già precedentemente da Zhou Enlai, ci sono tutte le basi della Repubblica Popolare Cinese odierna di Xi Jinping.

Una Cina che il Sen. Colombo visitò e approfondì a lungo e della quale rimase affascinato, non solo per la lungimirante gestione economica, votata al servizio della comunità, ma anche per una politica estera anti-egemonica, contraria all'ingerenza negli affari interni dei singoli Stati, volta al rispetto della sovranità di ogni Paese e votata al disarmo globale.

Nel suo saggio, il Sen. Colombo ci parla di una Cina che guardava alla modernizzazione e all'armonia, in ogni ambito. Che aveva imparato dal suo passato feudale, dalla sottomissione all'Occidente imperialista, da quella nei confronti del militarismo giapponese e dalle sue innumerevoli lotte intestine.

E che coniugava, come coniuga, confucianesimo e marxismo, aspetti che mirano a “distruggere l'egoismo”, cuore pulsante della concezione borghese del mondo, per far prevalere l'interesse comune.

In tutto ciò, il Sen. Colombo, intravede molto aspetti e punti in comune con il pensiero cristiano benedettino, pur lontano anni luce dalla Cina e da una Cina socialista che consente libertà religiosa, ma la considera un fatto privato.

La Cina socialista presentata dal Sen. Colombo, è votata allo sviluppo economico e delle forze produttive, alla ricerca di un “equilibrio delle relazioni” e in cui “il rispetto dei diritti e dei doveri è assoluto”.

Il Sen. Colombo descrive anche il suo incontro con i dirigenti socialisti cinesi dell'epoca.

Di Zhou Enlai ricorda il suo essere un intellettuale puro, che aveva partecipato alla rivoluzione sociale maoista, che aveva portato, nel 1949, alla nascita della Repubblica Popolare Cinese.

Grande mediatore, Zhou Enlai, dotato di profondo pragmatismo e logica, con il Sen. Colombo si intrattiene a parlare di politica italiana e europea, al punto da arrivare ad elogiare il ruolo di De Gasperi nella sua promozione dell'Europa unita.

L'unità europea, infatti, sembra essere molto sostenuta dalla Cina socialista. E lo è perché, come spiega Zhou Enlai al Sen. Colombo, essa può essere utile all'Europa per smarcarsi dalle due superpotenze imperialiste, gli USA e l'URSS.

E Zhou gli spiega come, infatti, ci sia necessità di multilateralismo e di “superamento di un mondo bipolare” e di come occorra lavorare per un mondo pacifico e fondato sui “cinque principi della coesistenza pacifica”, da egli stesso enunciati alla Conferenza di Bandung, fondati sull'amicizia fra le nazioni, sulla base del mutuo rispetto.

Il Sen. Colombo racconta poi dei suoi colloqui con il leader cinese Deng Xiaoping, il quale gli spiega come la Cina sia impegnata a lottare contro ogni forma di egemonia, da qualsiasi parte provenga e si sofferma a descrivere la nuova generazione di leader cinesi, fra i quali Zhao Zyang, sostenitore delle riforme tanto quanto Deng Xiaoping.

Quest'ultimo, del resto, gli spiega come il comunismo cinese non abbia modelli di riferimento precostituiti, ma venga costruito ogni giorno, imparando dai fallimenti e dai successi.

Un comunismo non ideologico, ma volto alla ricerca di una società giusta e armoniosa, oltre che al benessere globale.

Molto diverso rispetto a quello occidentale/europeo, che Zhou Enlai riferisce essere “revisionista”, in quanto subordinato all'URSS e per nulla autonomo, mentre ogni Partito Comunista, nel mondo, dovrebbe seguire la propria strada e la propria via al socialismo, senza essere subordinato a nessun altro partito.

E Deng Xiaoping non lesina frecciate anche al cosiddetto “eurocomunismo” elaborato dal PCI di Berlinguer, dal PCF di Marchais e dal PCE di Carrillo e che il leader cinese non ritiene affatto essere comunismo.

E critiche profonde del leader cinese vanno a movimenti come le Brigate Rosse, che considera organizzazioni terroristiche volte a destabilizzare l'Italia e l'Europa, completamente estranee al marxismo-leninismo e al maoismo, in quanto Marx, Lenin e Mao, mai avrebbero approvato modalità terroristiche.

“La Cina verso il 2000 – Il socialismo dal colori cinesi” del Sen. Vittorino Colombo è, poi, profondamente interessante perché analizza la Storia dell'edificazione del socialismo in Cina, sin dai tempi di Mao. E analizza il pensiero stesso di Mao, con grande lucidità e profondità e come esso abbia profondamente gettato le basi per l'edificazione della Cina moderna.

Certo, al netto delle esagerazioni e degli eccessi avvenuti durante la Rivoluzione Culturale, che peraltro ebbe a subire lo stesso Deng Xiaoping.

Nel saggio, inoltre, non mancano le analisi e l'approfondimento relativo all'economia socialista di mercato, introdotta da Deng Xiaoping, Chen Yun e dalla classe dirigente socialista riformista e che sarà la chiave del successo dell'economia cinese.

Pianificazione e mercato. Settori chiave dell'economia saldamente pubblici, pianificazione economica e, allo stesso tempo, promozione degli investimenti privati e liberazione delle forze produttive attraverso un'economia di mercato volta a favorire piccole e medie industrie e l'attività agricola.

Il saggio del Sen. Colombo, per chi avrà la pazienza di ricercarlo e leggerlo, è sicuramente strumento utile per approfondire il socialismo cinese di ieri e quello di oggi.

Senza sciocchi pregiudizi, senza sciocche ideologie e apprendendo lezioni dalla Storia e dall'esperienza.

Luca Bagatin

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