sabato 29 novembre 2025

L'11 dicembre, presentazione, presso la Camera dei Deputati, del saggio di Paola Bergamo "Ritrovare i sentieri dell'Europa - Sulla via tracciata da Mario Bergamo"

  

L'11 dicembre prossimo, dalle ore 16.00 alle ore 18.00, alla Camera dei Deputati, presso la Sala del Refettorio del Palazzo di San Macuto, in Via del Seminario 76 a Roma, sarà presentato il saggio, edito da Futura Libri, "Ritrovare i sentieri dell'Europa - Sulla via tracciata da Mario Bergamo", di Paola Bergamo.

Moderato dal blogger e scrittore Luca Bagatin, l'evento avrà i saluti dell'On. Giandiego Gatta e, come relatori, oltre naturalmente all'autrice del saggio, ci saranno il prof. Giancarlo Elia Valori, importante manager pubblico e fine analista geopolitico, oltre che Presidente della Fondazione di Studi Internazionali e Geopolitica; il Gen. di Corpo d'Armata Antonio Bettelli e il Presidente del Nuovo Giornale Nazionale, Augusto Vasselli.

Paola Bergamo è un'imprenditrice, Presidente del Centro Studi MB2 Monte Bianco - Mario Bergamo per dare un tatto all'Europa. E' nipote dell'antifascista repubblicano mazziniano Mario Bergamo. 

L'evento sarà un'occasione per parlare di un'Europa che ci potrebbe essere, ma che non c'è.

Un'Europa mazziniana, libertaria, democratica, affratellata, sociale e sovrana.

Un'Europa che non ha nulla a che spartire con l'attuale UE autoreferenziale, oligarchica, servile e militarista.

Per poter partecipare all'evento occorre segnalare la propria presenza alla mail presidente@centrostudimb2.eu.

venerdì 28 novembre 2025

Gianni De Michelis, il socialismo, la democrazia costituzionale e il mondo multipolare. Articolo di Luca Bagatin

Gianni De Michelis e Luca Bagatin, dicembre 2003

Il 26 novembre scorso, Gianni De Michelis, avrebbe compiuto 85 anni.

Lo conobbi nel 2003, quando era Segretario del Nuovo PSI, al quale mi iscrissi anch'io - pur per un breve periodo – essendo socialista (e mazziniano) fin da quando ero ragazzino e leggevo Marx, Proudhon, Garibaldi, Mazzini, Gaetano Salvemini e Ernesto Rossi, oltre ai discorsi di Craxi e dello stesso De Michelis.

Fu per me, quindi, un onore diventarne amico e avere anche l'occasione di essere relatore, accanto a lui, ad un convegno pubblico socialista (vedi foto).

De Michelis aderì al Partito Socialista Italiano negli Anni '60, collocandosi a quei tempi nella corrente di sinistra, guidata da Riccardo Lombardi, denominata “Alternativa Socialista”, nella quale erano presenti anche i socialisti rivoluzionari.

Nel 1976 appoggiò - e a mio avviso giustamente - la Segreteria guidata da Bettino Craxi e divenne componente della Direzione Nazionale del PSI.

Nel corso degli Anni '80 ricoprirà anche il ruolo di Ministro delle Partecipazioni Statali (quando in Italia e Europa ancora lo Stato contava qualcosa e la politica comandava sull'economia e non viceversa!), Ministro del Lavoro, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri.

Coinvolto nella falsa rivoluzione di Tangentopoli, sarà sottoposto a diversi procedimenti giudiziari, ma spesso fu assolto.

Denuncerà sempre, assieme a Craxi, il clima avvelenato di quegli anni, teso a colpire unicamente i partiti di governo e in particolare quel PSI che, se da una parte voleva modernizzare l'Italia, smarcandosi dalle “chiese” democristiana e comunista (ma già da tempo non più comunista e via via sempre più liberal-capitalista e visceralmente anti-socialista), dall'altra mirava a una politica estera multipolare, smarcata dagli USA e parimenti denunciava l'avanzare della globalizzazione neoliberale e le sue pericolose derive, che avrebbero portato – con il successivo avvento del capitalismo assoluto - a una diffusa povertà, alla sudditanza dell'Italia a poteri stranieri ed economici e all'immigrazione di massa.

Gianni De Michelis sosterrà sempre una politica estera multipolare, a partire dal ruolo centrale del Mediterraneo e dei Balcani in Europa (fece peraltro di tutto per evitare la disgregazione della Jugoslavia); propose l'integrazione della Federazione Russa nel sistema comunitario europeo; promosse un rapporto privilegiato e sinergico con una Repubblica Popolare Cinese, che già negli Anni '80 e '90 si stava modernizzando e aprendo al mondo.

A confronto dei politicanti di oggi, tutti chiacchiere, voltafaccia, rosari e tatuaggi da esibire, Gianni De Michelis, con realismo e pragmatismo, aveva tutto da insegnare. E lo avrebbe ancora.

Fu peraltro degnissimo consigliere di Silvio Berlusconi, negli ultimi decenni della sua vita e si può dire che proprio Berlusconi (non certo i suoi sodali, che presto lo tradiranno), fu l'ultimo politico di razza di questo triste scorcio di Seconda Repubblica.

A Gianni De Michelis, Paolo Franchi ha dedicato un'interessante biografia, “L'irregolare”, edita da Marsilio.

Appena uscita, nel 2024, l'ho volentieri recensita e può essere letta a questo link: https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/07/lirregolare-gianni-de-michelis-nella.html.

Ci sono alcuni passaggi molto interessanti.

Fra questi una risposta di Gianni De Michelis all'intervista di Stefano Lorenzetto – che Paolo Franchi riporta - che recita così: “Dalla fine del precedente ordine mondiale sono passati invano vent'anni. O l'ordine nuovo lo costruiamo adesso, trovando i compromessi necessari per quella che io chiamo la governance multilaterale del mondo multipolare, oppure scoppierà un altro conflitto planetario. E' inevitabile (…). Un mondo così è troppo pesante anche per le spalle degli Stati Uniti, non può essere governato da un Paese solo, da un sistema unipolare”.

Ancora lontani erano i tempi delle irresponsabili Von Der Leyen e Kaja Kallas e delle e dei loro emulatori – bipartisan - in Italia.

Ancora lontani erano i tempi in cui persino i comici avrebbero fondato partiti e sarebbero persino stati eletti a capo di Paesi, con tutte le nefaste conseguenze del caso!

Indietro, ad ogni modo, non si torna più.

Ma il realismo e il pragmatismo di certi politici e statisti con la P e la S maiuscola rimangono, così come rimane l'insegnamento pratico di certi partiti politici storici che hanno guidato, nella democrazia costituzionale, l'Italia, dal 1946 al 1993.

Luca Bagatin

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martedì 25 novembre 2025

Ancora una volta (stra)vince l'astensione. E, forse, oggi, non potrebbe essere diversamente. Articolo di Luca Bagatin

 

Ancora una volta, ma forse mai in maniera così massiccia, gli elettori, hanno disertato le urne.

Parliamo di quasi il 60% di elettori che, in Veneto, Campania e Puglia, non sono andati a votare a queste elezioni regionali.

Del resto, come si può votare, quando le regole sono truccate, ovvero le leggi elettorali in vigore, dal 1993 ad oggi, sono incostituzionali e prevedono maggioritari e sbarramenti di vario tipo, come ha spiegato anche al sottoscritto l'ex Sen. Socialista Giorgio Pizzol, in una recente intervista?

Come si può votare, quando i grandi schieramenti, quelli più pubblicizzati e sbandierati dai media, sono pressoché tutti uguali e tutti uniti nel sostenere più armi e meno stato sociale; più UE oligarchica e meno UE sovrana; più interessi personali e meno interessi per la comunità?

Stavo rileggendo un passo dell'ultimo saggio dell'amica Paola Bergamo, “Ritrovare i sentieri dell'Europa. Sulla via tracciata da Mario Bergamo”, che presenteremo l'11 dicembre prossimo, presso la Camera dei Deputati, alla presenza, fra gli altri, dei nostri comuni amici prof. Giancarlo Elia Valori, Augusto Vasselli e del Gen. Antonio Bettelli.

Paola così scrive, in un passaggio: “Il tema del rapporto tra cittadino e politica è centrale. Quest'ultima non viene più percepita come capace di occuparsi dei problemi concreti della polis per cercare di risolverli in tutto o in parte. (…) con l'avvento della Seconda Repubblica si è spazzata via un'intera classe dirigente, si è aperta la via del fenomeno bi-populista accelerato dal sistema elettorale maggioritario. Un sistema che, se tutto vorrebbe semplificare, di fatto tutto polarizza estremizzando il dibattito politico nell'ottica di una massimizzazione del consenso. In epoca proporzionale le spinte verso il consenso venivano contenute in molteplici sfumature che caratterizzavano la dialettica nello spazio politico con istanze provenienti senza mediazioni dalla base stessa. Esse venivano poi indirizzate dal sistema dei partiti, i quali, ben diversamente da oggi, non erano padronali e virtuali ma popolari e territoriali”.

Oggi, diversamente da ieri, assistiamo a personalismi estremistici, sempre più spesso provenienti da soggetti che si dicono – a sproposito - “riformisti” o di “centro” (posto che il centro, come la sinistra, nel nostro Paese e sempre più nel resto dell'UE, non esistono, nei fatti, pressoché più e ciò a partire dall'anno di disgrazia 1993). E che, al libero dibattito, vorrebbero sostituire la censura.

Oggi assistiamo a una pressoché totale mancanza di cultura politica e di conoscenza della Storia. Nazionale e internazionale. Assistiamo a slogan ripetuti ad oltranza, anche da un sistema mediatico sempre meno all'altezza e sempre meno di qualità, che preferisce anteporre la propaganda al confronto e all'approfondimento.

Che è riflessione, che è sfumatura.

E, dunque, come scrive Paola Bergamo, nipote dell'antifascista repubblicano mazziniano Mario Bergamo, era il sistema dei partiti, quelli veri, autentici, democratici, che hanno retto il Paese dal 1946 al 1993, che mediavano le istanze della comunità. Che la comunità ascoltavano. Che avevano dei valori, una Storia, una cultura e, soprattutto, che erano fatti di persone.

Di quelle che venivano chiamati “militanti”, che si riunivano nelle “sezioni di partito” e che spesso frequentavano anche apposite “scuole di partito”. Ove si imparava a vivere, prima ancora che a governare.

Oggi, diversamente, siamo nelle mani degli influencer politici di turno. Di soggetti che ieri dicevano una cosa, oggi ne dicono un'altra (spesso a seconda dei desiderata o del Presidente USA di turno o dei dirigenti UE del momento) e domani....? Chissà.

Soggetti senza radici storiche, culturali, sociali profonde. Che, della comunità, nel suo complesso, sembrano conoscere poco. Preferendo affibbiare etichette facili e fare della semplificazione la loro regola, in modo da evitare di entrare nel merito delle questioni.

Perché, se si entra nel merito, forse si rischia di perdere consenso politico.

Gli elettori, i cittadini, ad ogni modo, hanno compreso che, da tempo, il Re è Nudo. E, la stragrande maggioranza, non vota più e non segue più quelli che oggi ricoprono ruoli politici.

Ma, senza la base, senza la comunità, non si va certamente lontano.

Luca Bagatin

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sabato 22 novembre 2025

E' il momento della pace (che è sempre giusta e può essere duratura se si segue la logica). Articolo di Luca Bagatin

  

Finalmente, Trump, si decide a fare ciò che si era proposto molti mesi fa e a fare il pragmatico, promuovendo un piano di pace per la risoluzione della crisi ucraina.

E lo fa secondo logica conseguenza, al netto degli ideologismi dei fondamentalisti e dei fondamentalismi di ogni colore.

Un peccato che ciò non piaccia ai vertici dell'UE che, per primi, avrebbero invece dovuto lavorare per la pace, evitando di sostenere un'autocrazia né NATO, né UE.

E la pace è sempre giusta e logica, soprattutto se segue la Storia e la logica dei fatti.

E i fatti indicavano quanto scritto da Silvio Berlusconi nel 2015: “con la Russia ci sono delle serie questioni aperte. Per esempio la crisi ucraina. Ma sono problemi che è ridicolo pensare di risolvere senza o contro Mosca. Anche perché in Ucraina coesistono due ragioni altrettanto legittime, quelle del governo di Kiev e quelle della popolazione di lingua, cultura e sentimenti russi. Si tratta di trovare un compromesso sostenibile fra queste ragioni, con Mosca e non contro Mosca”. E, nel 2023, dichiarò: “Io a parlare con Zelensky se fossi stato il Presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perché come sapete stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili: bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe avvenuto, quindi giudico, molto, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.

Un conflitto, peraltro, già annunciato dallo scrittore dissidente russo Eduard Limonov, che per primo denunciò il nazionalismo ucraino russofobo, ma anche il regime di Putin.

Limonov, infatti, già nel 1992 mise in guardia dal nazionalismo di estrema destra russofobo, che stava montando nelle Repubbliche post-sovietiche, Ucraina in primis, alimentato dal sostegno Occidentale, esattamente come accaduto in ex Jugoslavia, per distruggere ogni forma di socialismo e sovranità ad Est.

Ma, parimenti, denunciò sempre il regime di Putin, al punto che il suo partito, il Partito NazionalBolscevico (raccontato e sostenuto anche dalla scrittrice Anna Politkovskaja), fu messo al bando e il successivo partito, “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, non può presentarsi alle elezioni.

Oggi Trump propone il ritorno delle zone russofone alla Russia e la neutralità dell'Ucraina, oltre che elezioni in quest'ultima, visto che erano state sospese da tempo.

Soddisfazione, in UE, per gli unici veri volenterosi, il Premier socialista democratico slovacco Robert Fico e il Premier conservatore ungherese Viktor Orban, che – pur su posizioni ideologiche differenti - hanno sempre sostenuto la necessità di un logico e pragmatico compromesso.

Adesso sarebbe tempo per ricostruire e ricucire i rapporti fra tutti, ma, chissà...

Gli unici Paesi a mantenere razionalità, logica e equilibrio in tale conflitto, sono stati la Repubblica Popolare Cinese e il Brasile di Lula.

Tali Paesi non solo non hanno mai introdotto sciocche e controproducenti sanzioni, ma hanno continuato a dialogare e commerciare tanto con la Russia che con l'Ucraina, tentando, fin dal 2022, una mediazione.

Nel febbraio 2022 il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, dichiarava, infatti: “L’Ucraina deve essere un ponte che unisce Est e Ovest e non una linea di fronte per una competizione tra diverse potenze”; proseguendo, affermò che occorre: “una soluzione pacifica che garantisca sicurezza e stabilità in Europa”, ricordando anche che “nessuno è al di sopra del diritto internazionale” e che “anche le preoccupazioni della Russia devono essere rispettate” e, all’UE aveva fatto presente che, “Se ci sarà un allargamento dell’Alleanza Atlantica ci sarà davvero garanzia della pace?” E’ una domanda che i nostri amici in Europa si devono porre seriamente. Perché le parti non possono sedersi ad un tavolo, condurre colloqui dettagliati ed elaborare un piano per mettere in atto le intese di Minsk?”.

Il mondo di oggi, globalizzato e interconnesso (e sempre di più, con l'Intelligenza Artificiale) dovrebbe anteporre il dialogo e la cooperazione. Sempre.

E fare sempre tacere la non-logica delle armi e quella della competizione.

Occorrerebbe, come sosteneva l'ex Ministro socialista degli Esteri Gianni De Michelis, integrare la Russia nel sistema comunitario europeo e allo stesso tempo cooperare con la Cina.

Rompere ogni forma di steccato e di sciocco pregiudizio ideologico, fuori dal tempo e dallo spazio.

Le sfide del futuro sono ben altre e Trump, Putin e Xi Jinping lo hanno compreso molto bene.

Per quanto, dei tre, solo il Presidente cinese voglia puntare a costruire una comunità dal futuro condiviso per l'umanità, capace di creare valore e benessere per tutti i popoli dei pianeta, attraverso proprio la cooperazione e la costruzione di un mondo più giusto e equo.

Trump e Putin, invece, sono assai discutibili per varie questioni, a iniziare dalla bramosia di potere e dall'essere seguaci del concetto “dividi et impera”, ma anche con costoro occorre dialogare, quali leader di potenze mondiali.

Quanto all'UE, nel febbraio scorso scrivevo questo e lo ribadisco, una volta di più: “Se l'UE volesse avere davvero un ruolo serio, dovrebbe porsi quale cerniera fra Ovest ed Est. Integrare la Russia nel suo sistema; entrare nei BRICS; investire in formazione, ricerca e sanità; promuovere la cooperazione internazionale e una NATO globale, proponendo l'entrata di quanti più Paesi possibili, compresa Russia e Cina, mirando a garantire stabilità, equità, cybersicurezza e lotta al terrorismo internazionale, che, lo abbiamo visto anche con il recente attentato di Monaco, è più vivo che mai (senza contare, aggiungerei, la sempre maggiore penetrazione del radicalismo islamista nella società europea, con tutte le gravi conseguenze del caso, oltre che il drammatico fenomeno delle baby gang, ancora estremamente sottovalutato).

Una UE senza un piano, che rimane serva dei desiderata del Presidente degli USA di turno è dannosa, in particolare per sé stessa. E lo è una UE senza una classe dirigente di alto profilo, che rimane ancorata a vecchie logiche da Guerra Fredda e che segue chi parla di “pace o condizionatori”, come se fossimo al mercato.

L'UE della Von Der Leyen, delle Kallas e dei Draghi, non è l'Europa unita e fraterna dei Giuseppe Saragat, degli Ernesto Rossi, dei Mario Bergamo e dei Bettino Craxi, che sono stati i nostri maestri politici, di ispirazione socialista democratica e repubblicana mazziniana”.

Chi vivrà vedrà. Ad ogni modo, a parlare, sono e saranno sempre i fatti.

Luca Bagatin

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giovedì 20 novembre 2025

Robert Fico, unico socialista al governo in UE e riflessioni sulla necessità di ricostruire un autentico Centro-Sinistra (quello vero, della Prima Repubblica). Articolo di Luca Bagatin

 

Ancora una volta, Robert Fico, Presidente della Slovacchia e leader del partito socialista democratico SMER (Direzione Socialdemocrazia), si conferma l'unico leader autenticamente socialista in UE.

Egli, ancora una volta, critica le decisioni dei vertici dell'UE di isolarsi dall'approvvigionamento energetico russo a partire dal 2028, dichiarando di valutare la possibilità di citare in giudizio l'UE per tale irresponsabile decisione, che colpirà in particolare Slovacchia e Ungheria i cui governi, non a caso, a tale decisione si sono fermamente opposti.

Questa decisione è estremamente dannosa per noi. Sapete che non l'abbiamo votata”, ha sottolineato il Presidente Fico.

Il suo governo valuterà gli impegni presi dalla Commissione Europea nell'ambito del sostegno energetico alla Slovacchia ed in proposito ha aggiunto: “Tutto dipenderà molto da come la Commissione europea rispetterà i suoi impegni nei confronti della Slovacchia, assunti e firmati direttamente dal Presidente della Commissione Europea”.

Il Premier slovacco ha fatto presente che la decisione di isolarsi dall'approvvigionamento energetico russo, presa a maggioranza qualificata degli Stati membri, rappresenta una violazione della legislazione dell'UE.

Egli ha peraltro dichiarato che “Stiamo parlando di 140 miliardi di euro che la Commissione vuole letteralmente donare all'Ucraina, il che solleva un numero enorme di questioni legali e molta incertezza in Europa” ed ha manifestato preoccupazione relativamente alla confisca dei beni russi congelati, che potrebbe portare alla confisca di proprietà di Stati membri UE nel territorio della Federazione Russa.

Il socialdemocratico Fico, in più occasioni, ha manifestato dissensi nei confronti della politica dell'UE in merito.

Egli non ha sostenuto i pacchetti di sanzioni contro la Federazione Russa; ha preso le distanze nei confronti delle assurde dichiarazioni della rappresentante degli affari esteri dell'UE, nonché esponente della destra estone, Kaja Kallas, la quale avrebbe voluto impedirgli di partecipare alle celebrazioni a Mosca, del 9 maggio scorso, per ricordare le vittime della resistenza antifascista nella Seconda Guerra Mondiale; ha partecipato – unico leader dell'UE - all'80esimo anniversario della Vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e nella Guerra Mondiale Antifascista ed ha sempre dichiarato di voler lavorare, assieme alla Repubblica Popolare Cinese e al Brasile del socialista Lula, per un piano di pace che risolva la crisi russo-ucraina.

Per tutta risposta, il suo partito è stato estromesso dal Partito Socialista Europeo, che di socialista non ha più nulla da molti decenni.

A differenza di SMER (Direzione Socialdemocrazia), unico partito al governo in UE che, guarda un po', ha valori socialisti, patriottici e senza equivoci liberal-capitalisti e guerrafondai.

Tutto ciò dovrebbe farci riflettere, ma probabilmente in pochi ci rifletteranno.

Come in pochi rifletteranno sulla seria politica estera di Silvio Berlusconi e, ancor più e ancor prima, di Bettino Craxi.

Una politica estera responsabile, multilaterale, volta a far dialogare Ovest e Est; a unire anziché dividere e ad andare a colpire chi davvero vuole destabilizzare il mondo. In primis gli estremisti, gli irresponsabili, i fondamentalisti di ogni colore e fede religiosa.

Aggiungerei una riflessione, da socialista e repubblicano mazziniano, orgogliosamente senza tessera da anni, che ho scritto anche ieri sui social, con un positivo riscontro di pubblico.

Se si volesse ricostruire un autentico Centro-Sinistra, come nella Prima Repubblica, riformatore, responsabile e democratico (nulla a che vedere con l'ulivismo, il PD, il renzismo e il calendismo, anzi!), occorrerebbe:

1) lavorare per dichiarare le leggi elettorali dal 1993 ad oggi incostituzionali, come giustamente dichiarato anche dall'amico ex Senatore socialista Giorgio Pizzol, in una recente intervista che gli ho fatto (facendo pertanto decadere anche l'attuale maggioranza e pseudo opposizione);

2) reintrodurre il sistema proporzionale puro (come previsto dalla Costituzione);

3) lavorare per la ricostituzione di un forte stato sociale e per una società ordinata e moralizzata (la sanità, la scuola, lo stato sociale e l'ordine pubblico sono allo sbando. Il fenomeno baby gang, invece, è sempre più diffuso e purtroppo non solo quello);

4) isolare fondamentalisti, estremisti e censori che oggi si dicono "riformisti" senza esserlo;

5) dialogare con tutti i Paesi del mondo, nel quadro di un nuovo ordine mondiale multilaterale, fondato su giustizia sociale e sovranità nazionale. Ovvero iniziando a fare ragionare gli attuali estremistici e irresponsabili (tutt'altro che “volenterosi”) vertici UE.

Ovviamente sono, come spesso mi accade, molto pessimista, ma già sarebbe molto iniziare a discuterne.

Luca Bagatin

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mercoledì 19 novembre 2025

Intervista di Luca Bagatin all'ex Senatore del PSI e del PSDI Giorgio Pizzol

 

Giorgio Pizzol, classe 1942, già insegnante di lettere, avvocato e giudice di pace, fu Sindaco di Vittorio Veneto dal 1975 al 1982, reggendo forse una delle poche giunte di sinistra a quei tempi, composta da PCI, PSI, PSDI e PRI.

Nel 1987 fu eletto Senatore, nelle fila del PSI e, nel 1990, in contrasto con i vertici del partito, passò prima al gruppo misto e, successivamente, al PSDI, come indipendente, concludendo la legislatura nel 1992.

Giornalista pubblicista, dal 1995, ha collaborato con “La Tribuna di Treviso” e “La Nuova Ferrara”.

Oltre a due raccolte di liriche (“Le stagioni del presente” e “Versi sciolti”), ha pubblicato tre saggi sull'importanza della comunicazione: “Uno e molteplice” (1990); “Pensiero del limite e limite del pensiero” (1998” e “Il Pensiero Riflessivo” (2023).

Sempre a proposito dell'importanza della comunicazione, nel 1992, ha fondato la rivista “Dia Logo” ed è molto attivo nelle battaglie per la difesa della Costituzione Italiana.

Ho qui avuto l'amichevole possibilità di intervistarlo.

Cosa puoi dirci, innanzitutto, dell'ultimo scorcio della Prima Repubblica, avendo tu ricoperto la carica di Senatore nella X legislatura (1987- 1992) nel PSI e poi nel PSDI ?

Parto dal Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Cossiga del 26 giugno 1991. Un atto eversivo.

Perché eversivo?

Mi spiego. L’Art. 87 attribuisce al Presidente il potere di inviare messaggi alle Camere al fine di garantire il rispetto della Costituzione.

In questo messaggio Cossiga, esorbitando clamorosamente dai suoi poteri, formulava una proposta di stravolgimento del dettato costituzionale. In sintesi, proponeva di annullare le funzioni del Parlamento, di trasferire il potere decisionale al Governo, di abolire i partiti come previsti dall’Art. 49 della Costituzione. Un colpo di stato bianco.

Sei stato fra i pochissimi, peraltro, a denunciare l'incostituzionalità del referendum per l'elezione del Senato, del 1993, che introdusse il sistema maggioritario nel nostro ordinamento. Cosa puoi dirci, in merito?

Il Referendum Segni-Pannella del 1993. Fu l’attuazione concreta del colpo di stato. La Corte costituzionale non avrebbe dovuto ammetterlo. Ad opporsi furono pochissimi davvero.

Il popolo fu ubriacato da una massiccia campagna di propaganda a favore del “sistema maggioritario all’inglese”. Segni e Pannella vinsero trionfalmente con l’82,74%.

Paradosso di un popolo che vota contro la sua sovranità.

L'incostituzionalità delle leggi elettorali maggioritarie, introdotte dopo il 1993, hanno fortemente ridotto la democrazia nel nostro Paese, impedendo a milioni di elettori di eleggere i propri rappresentanti (perché, introducendo maggioritario e sbarramenti vari, è quanto nei fatti è accaduto). Ciò ha prodotto l’astensionismo di massa e la sfiducia nel sistema politico. Che ne pensi?

Hai detto bene. Tutti i sistemi maggioritari sono in contrasto insanabile con gli Articoli 3, 48, 49, e 51 della Costituzione. Questi prescrivono un sistema elettorale proporzionale puro: senza premi di maggioranza e senza sbarramenti. Ogni lista deve poter ottenere un numero di seggi in proporzione esatta ai voti ricevuti. Le leggi maggioritarie, sono palesemente incostituzionali, leggi truffa.

A che cosa potrebbe portare il riconoscimento ufficiale dell'incostituzionalità di tali leggi elettorali? Pensi che sia una battaglia giusta e percorribile?

Temo che questo riconoscimento non ci sarà. Le leggi maggioritarie sono passate con l’avallo della Corte costituzionale e col consenso della stragrande maggioranza del popolo.

Nel 2020 il Movimento Cinque Stelle promosse un altro referendum sul taglio dei seggi del Parlamento da 945 a 600. Ottenne il SI' dal 69% dei votanti. Sempre con l’avallo della Corte. Trai tu stesso le conclusioni.

Che cosa pensi della scomparsa dei partiti socialisti in Italia, a partire dal 1993?

Ho vissuto, in prima persona, questa scomparsa.

Torniamo alla fine del 1989. Da molto tempo avevo osservato che nel Psi non vi era democrazia interna. I capi corrente prendevano decisioni a nome del partito senza alcun rispetto delle norme statutarie.

Il 2 gennaio 1990 comunicai al Segretario Bettino Craxi le mie dimissioni dal PSI e dal Gruppo socialista. Esposi la mia dissociazione dai comportamenti sopra descritti. Assicurai tuttavia il mio appoggio agli obiettivi di fondo del partito, come riportato anche da “La Repubblica” del 5 gennaio 1990.

Mi iscrissi, quindi, al Gruppo misto del Senato.

Dopo una decina di giorni mi contattò Antonio Cariglia, segretario del PSDI. E mi fece questo discorso.

Caro Pizzol conosco il tuo impegno per l’unità dei partiti di sinistra. Bettino Craxi ha in testa un’idea sciagurata. Vuole assorbire il PSDI nel PSI. Ha convinto due Senatori PSDI a entrare nel Gruppo socialista. Il Gruppo PSDI è rimasto con quattro membri, sotto il minimo di cinque richiesto dal regolamento del Senato. Dammi una mano a salvare il Gruppo”.

Accettai. Il PSDI conservò il suo gruppo per il resto della legislatura.

Ma poi i partiti della sinistra italiana non solo non si unirono, ma scomparvero...

Ciò avvenne in conseguenza del colpo di stato Cossiga-Segni-Pannella che fondò, appunto, la Seconda Repubblica. Per mezzo delle leggi maggioritarie, mise fuori combattimento tutti i partiti fondatori della Costituzione.

Cosa mi dici dei partiti socialisti del resto dell'UE, i quali ebbero una mutazione in senso liberal capitalista e spesso guerrafondaio?

Il colpo di stato in Italia fu a sua volta conseguenza dello sconvolgimento geopolitico prodotto dalla caduta del Muro di Berlino.

L’intera politica europea fu condizionata dalla politica degli Stati Uniti vincitori della Guerra Fredda.

I partiti socialisti dell’UE, per rendersi “presentabili” a Washington si convertirono al neoliberismo e si allinearono alle politiche militari dell’Occidente.

Descrivimi, in poche parole, la differenza fra Prima e Seconda Repubblica

La Prima era, con tutti i suoi difetti e le sue tragedie, “Una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; la Seconda è “Una Repubblica oligarchica fondata sul capitale”.

Luca Bagatin

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martedì 18 novembre 2025

Il diritto alla vita è anche diritto di poter scegliere come e quando morire. Articolo di Luca Bagatin

 

Il recente caso delle gemelle Alice e Ellen Kessler, le quali hanno deciso, a 89 anni, consapevolmente di morire assieme, praticandosi il suicidio assistito, ma anche il caso della ventiseienne fiamminga Siska De Ruysscher, che ha deciso di ricorrere all'eutanasia per depressione, riapre la questione del diritto alla morte.

O, meglio, del diritto di decidere quando e se morire con dignità.

Se esiste il diritto alla vita, perché è così tabù parlare di diritto alla morte?

Perché il peso delle religioni monoteiste istituzionalizzate e di tanto moralismo politico, è più forte di una scelta consapevole e personale?

Molti sono, nella Storia, recente o meno, coloro i quali hanno deciso consapevolmente di morire.

Fra i più celebri, il caso della scrittrice, giornalista e attivista per i diritti civili, Roberta Tatafiore, di cui ho molto scritto anni fa, anche in un mio saggio.

Decise di togliersi la vita nel 2009. E parlò di tale decisione nel suo diario, pubblicato postumo, da Rizzoli, con il titolo “La parola fine. Diario di un suicidio”.

Un diario tanto toccante e commovente, quanto consapevole.

Roberta Tatafiore così scriveva: “A chi appartiene la vita? La vita appartiene a ogni individuo libero di affidarla a chi vuole, in base a ciò che gli suggerisce la coscienza”.

E mi ritorna alla mente la coscienza di Paul Lafargue (1842 – 1911), genero di Marx, di cui ho molto scritto, in un altro saggio.

Paul Lafargue amava la vita, era un gaudente sotto ogni punto di vista. E anche per questo era socialista e criticava lo sfruttamento del sistema capitalista fondato sullo sfruttamento del lavoro e del salario.

Egli scrisse “Il diritto all'ozio”. Un saggio di critica serrata del capitalismo, che generava lo sfruttamento del lavoro salariato, impedendo la piena emancipazione e autogestione dell'essere umano.

Un saggio pieno di umorismo, come ricordò il suo amico Karl Kautsky.

Paul Lafargue, fondatore del Partito Operaio Francese, nel 1882, massone e seguace delle idee socialiste libertarie di Proudhon (e spesso in contrasto con il suocero Marx) e in contatto con Karl Liebknecht e successivamente con Vladimir Lenin, decise, assieme alla moglie, Laura Marx, il 25 novembre 1911, di suicidarsi, per evitare le sofferenze della vecchiaia.

Egli così scrisse, nel suo testamento: “Sano di corpo e di spirito, mi uccido prima che l'impietosa vecchiaia mi tolga a uno a uno i piaceri e le gioie dell'esistenza e mi spogli delle forze fisiche e intellettuali. Affinché la vecchiaia non paralizzi la mia energia, non spezzi la mia volontà e non mi renda un peso per me e per gli altri.

Da molto tempo mi sono ripromesso di non superare i settant'anni; ho fissato la stagione dell'anno per il mio distacco dalla vita e ho preparato il sistema per mettere in pratica la mia decisione: un'iniezione ipodermica di acido cianidrico. Muoio con la suprema gioia della certezza che, in un prossimo futuro, la causa alla quale mi sono votato da quarantacinque anni trionferà. Viva il Comunismo. Viva il Socialismo Internazionale!”.

Chi molto ama la vita, chi molto ama, in generale, probabilmente, meglio di altri può comprendere quanto la possibilità di decidere perché, quando e come morire sia importante.

E ciò va osservato, senza pregiudizio.

Ed è per questo che, per molti di noi, è incomprensibile come solo alcuni Paesi permettano eutanasia e suicidio assistito, mentre in altri, che comunque si dicono “democratici” e “civili”, ciò sia negato del tutto.

Ho molto scritto, di questo, fin da quando ero molto giovane. Perché io stesso ho sempre detto che, se mi trovassi nelle condizioni di non poter o voler andare avanti, in questa esistenza terrena, vorrei poter decidere di morire e di poterlo fare dignitosamente.

Ed è per questo che ritengo, come da sempre ritengono tutti gli autentici socialisti (e ne esistono ancora, ma spesso, in Italia e UE, sono senza tessera e senza partito), che sia importante prima di tutto investire nella salute pubblica.

Per fare prima di tutto stare bene le persone. Per evitare a quante più persone la sofferenza, sia fisica che mentale. Che è la prima cosa sulla quale occorre lavorare, sotto il profilo umano, civile e politico.

Anziché investire, in maniera sciocca, irresponsabile e sconsiderata, in strumenti di morte (non consapevolmente voluta, ma subita a causa della sconsideratezza di troppi politicanti), ovvero in armamenti e in sciocche contrapposizioni fuori dal tempo e da ogni logica.

Non c'è niente di buono o di mistico nella sofferenza, come magari ritengono alcuni credi religiosi.

Non c'è niente di buono nel negare al prossimo la possibilità di curarsi, perché magari non ha i soldi per farlo, come sempre più spesso accade nelle nostre società capitaliste, che si dicono però “democratiche”, ma la democrazia è tale se le leggi sono a beneficio della comunità, non di pochi.

Non c'è niente di buono nell'investire in strumenti di morte e offesa, anziché in educazione, elevazione morale e intellettuale.

Non c'è niente di buono nemmeno nel negare il diritto di scegliere come gestire la propria vita e, dunque, la propria morte.

Luca Bagatin

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lunedì 17 novembre 2025

In Ecuador confermata, dai referendum, la Costituzione introdotta dal socialista Correa. In Cile, alle presidenziali, vince al primo turno la comunista Jara. Articolo di Luca Bagatin

 

L'Ecuador, che, con le elezioni dell'aprile scorso, sembrava aver virato verso la destra liberal capitalista filo statunitense, eleggendo al secondo turno Daniel Noboa, domenica 16 novembre scorso, votando 4 NO ai referendum, ha dato una spallata tanto a Noboa, quanto alle mire degli USA sul Paese e confermato la Costituzione vigente.

Una Costituzione fortemente voluta dal governo socialista di Rafael Correa (costretto da anni all'esilio in Belgio, per persecuzione politica nel suo Paese) nel 2008 e già allora votata a maggioranza dai cittadini.

Con un'affluenza di oltre l'80%, i cittadini ecuadoriani si sono espressi: contro l'istituzione di basi militari e strutture straniere nel Paese con il 60,58% dei NO; contro il finanziamento pubblico ai partiti con il 58,7% dei NO; contro la riduzione del numero dei componenti dell'Assemblea legislativa e la loro elezione secondo nuovi criteri con il 53,46% dei NO; contro la convocazione e l'insediamento di un'Assemblea Costituente per redigere una nuova Costituzione con il 61,58% dei NO.

Fra i primi a complimentarsi con il risultato, il Presidente socialista della Colombia, Gustavo Petro, il quale, in un post su X, ha affermato: “Un voto contrario del 60% alla proposta del governo dimostra qualcosa che ho detto personalmente a Noboa: in Ecuador può esserci un dialogo nazionale che ci permetta di difendere il Paese dalle mafie che lo stanno travolgendo”.

Ed ha aggiunto: “Il popolo ha votato No alle basi militari straniere sul territorio ecuadoriano, dovremmo cercare modi istituzionali migliori per coordinare le nostre forze militari e di polizia contro le mafie che oggi sono il nostro principale nemico”.

Concludendo: “Ora credo molto più fermamente che il potere costituente conferito ai popoli che facevano parte della Gran Colombia consentirebbe la formazione di una confederazione, la quael potrebbe risolvere problemi comuni e farci acquisire molta più forza come nazioni confederate”.

A complimentarsi per il risultato, anche il Ministro degli Esteri venezuelano Yván Gil, che ha parlato di “Grande vittoria per la dignità dell'Ecuador”. E, ricordando i rivoluzionari latinoamericani anti-imperialisti più celebri, ha aggiunto: “inviamo le nostre più sentite congratulazioni e i nostri migliori auguri al popolo ecuadoriano, erede della grande patriota e rivoluzionaria Manuela Sáenz e del generale Eloy Alfaro”, sottolineando come l'Ecuador si sia ribellato alle “politiche servili promosse da un governo corrotto legato al narcotraffico, ottenendo una vittoria politica storica”.

Risultato storico anche alle elezioni presidenziali in Cile, tenutesi lo stesso 16 novembre scorso, alle quali, al primo turno, ha vinto la candidata comunista della coalizione socialista, socialdemocratica, radicale, comunista e democratico cristiana “Unidad por Chile”, Jeannette Jara, ottenendo il 26,85% dei voti, contro il 23,92% del candidato dell'estrema destra pinochetista José Antonio Kast.

Luca Bagatin

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sabato 8 novembre 2025

La lunga marcia del Partito Comunista Cinese. Articolo di Luca Bagatin

 

Il Partito Comunista Cinese (PCC), ha oltre cent'anni di Storia e ha raggiunto recentemente oltre 100 milioni di iscritti.

Studiarne e approfondirne la Storia è indispensabile, per chiunque voglia comprendere il successo di una realtà come la Repubblica Popolare Cinese che, dalla sua fondazione, nel 1949, è diventata pressoché la principale potenza globale, imparando dai suoi errori, sviluppando un sistema socialista fondato su efficienza e meritocrazia e non smettendo mai di lottare contro l'egemonismo e la corruzione, a beneficio della comunità.

Un interessante e completo saggio, di circa 600 pagine, relativo alla Storia del PCC, è edito dalla MarxVentuno Edizioni, dal titolo “La lunga marcia del Partito Comunista Cinese”, scritto dal Comitato editoriale incaricato dal PCC di redigerne la Storia.

Ottimamente tradotto in italiano e direi piuttosto scorrevole e piacevole, il saggio parte dal Movimento di Nuova Cultura, sviluppatosi in Cina, a Shanghai, nel 1915, grazie a Chen Duxiu.

E' anche grazie a questo saggio che mi appresto a riassumere l'articolata Storia del PCC, fino ai nostri giorni.

Chen Duxiu, intriso di ideali democratici e socialisti anti-autoritari, fu decano delle arti liberali presso l'Università di Pechino.

Le sue prospettive, diffuse grazie alla rivista “Gioventù Nuova”, erano fondate sulle parole d'ordine “democrazia” e “scienza” e il loro scopo era quello di attaccare frontalmente gli antichi precetti feudali e confuciani, oltre che i Signori della Guerra e l'imperialismo straniero.

Le idee marxiste-leniniste, che furono successivamente adottate dal Movimento di Nuova Cultura, arriveranno in Cina grazie alla Rivoluzione d'Ottobre, nel 1917 e influenzeranno il Movimento del 4 Maggio 1919, movimento studentesco anti-imperialista cinese anti-colonialista occidentale e anti-confuciano.

Accanto a Chen Duxiu, Li Dazhao, il quale contribuì a costituire le prime cellule del Partito Comunista Cinese, nel 1921, fondato sull'alleanza fra operai e contadini, oltre che intellettuali.

Il primo congresso del PCC si tenne nel luglio 1921, a Shanghai. Composto da circa 50 componenti e Chen Duxiu, pur non essendo presente a causa di impegni, come Li Dazhao, fu eletto Primo Segretario.

Inizialmente, il PCC, si alleò al Kuomintang (KMT) del rivoluzionario e riformatore Sun Yat-sen, padre della Cina moderna, la cui parola d'ordine fu “La terra ai contadini”.

PCC e KMT trovarono una sponda favorevole nella Russia bolscevica e iniziarono la loro collaborazione contro Signori della Guerra feudali e imperialisti occidentali, lavorando assieme per riunificare la Cina.

Dopo la morte di Sun Yat-sen, purtuttavia, l'alleanza fra KMT e PCC terminò.

Il KMT, guidato dal nazionalista conservatore Chiang Kai-shek, infatti, iniziò a perseguitare operai, contadini e comunisti e ne scaturì un'inevitabile guerra civile.

Nell'ambito di tale conflitto, nelle fila comuniste, iniziò a farsi strada un valente condottiero e rivoluzionario, ovvero Mao Tse-tung e, sotto la sua guida, l'Esercito Rivoluzionario degli Operai e dei Contadini (poi Esercito Popolare di Liberazione, nome che conserva tutt'ora l'esercito della Repubblica Popolare Cinese), iniziò a ottenere le prime vittorie sul nemico.

Altri valenti combattenti e successivamente valenti dirigenti del PCC, saranno Zhou Enlai e Deng Xiaoping, che coadiuveranno – assieme a molti altri come Chen Yun - ottimamente Mao, sia sul campo di battaglia, sia al governo del Paese una volta che, nel 1949, l'EPL avrà la meglio sull'esercito del KMT e sarà proclamata la Repubblica Popolare Cinese.

Nei territori conquistati dai comunisti, durante la guerra, Mao iniziò ad applicare il socialismo, restituendo le terre ai contadini e creando le basi per un'alleanza fra contadini, operai e ceto medio, contro i ricchi e più abbienti.

Nel saggio “La lunga marcia del Partito Comunista Cinese”, sono descritte tutte le fasi della guerra civile – nel corso degli Anni '30 e '40 - che qui, per ragioni di brevità, preferisco non citare, ma sono molto interessanti, per comprendere sia il genio militare dei rivoluzionari comunisti cinesi, sia le immense difficoltà alle quali costoro dovettero andare incontro, prima di raggiungere la vittoria finale, molti anni dopo.

La famosa “Lunga marcia”, che è parte fondamentale di tale odissea compiuta dai rivoluzionari comunisti, ha infatti profondamente forgiato il popolo cinese e il PCC, che ha avuto modo di maturare, sia sotto il profilo teorico che politico.

Come se non bastasse, i comunisti cinesi e il popolo cinese, hanno dovuto contemporaneamente lottare anche contro l'aggressione imperialista giapponese, dal 1937 al 1945, che causò sofferenze immense al popolo cinese, che ancora oggi la ricorda.

Oggi in pochi ancora sanno o ricordano, in Occidente, che tale aggressione fu un vero e proprio genocidio contro il popolo cinese, che fu massacrato e torturato non meno di quanto accaduto a molti ebrei in Europa, sotto il dominio nazifascista.

E in pochi sanno che molti ebrei comunisti occidentali lottarono, a fianco dei comunisti cinese, contro gli aggressori giapponesi e sono oggi celebrati, in Cina, quali eroi nazionali.

Nel corso della lotta, Mao scrisse varie opere e presentò vari rapporti, adattando il marxismo-leninismo al contesto cinese, criticando il dogmatismo e gettando le basi per la nuova Repubblica che stava per nascere e che sarebbe stata autonoma, fin da subito, dall'URSS.

Il programma di Mao si sostanziava nella costituzione di una nuova Repubblica democratica sotto la dittatura del proletariato, antimperialista e antifeudale, nella quale le banche venivano nazionalizzate e così le grandi imprese industriali e commerciali.

Le terre dei possidenti terrieri venivano distribuite ai contadini, i quali venivano incoraggiati al cooperativismo. Nello stesso tempo, ad ogni modo, non veniva bandito il capitalismo, anzi, veniva incoraggiata un'alleanza fra operai, contadini e capitalisti, ma a beneficio dell'economia nazionale e della comunità nel suo insieme.

Il PCC, inoltre, stabilì un'alleanza e una collaborazione fra tutti i partiti democratici, anche non comunisti, fra tutti i settori della società e fra tutti i gruppi etnici presenti in Cina, sotto la direzione del PCC stesso.

Ciò segnò, nei fatti, una forma di riconciliazione nazionale, che mirava a unire tutto il popolo cinese, in modo pragmatico e senza sentimenti di rivalsa.

Le linee guida delineate da Mao nascevano, dunque, sotto il segno di un socialismo anti-feudale, anti-imperialista, anti-burocratico e anti-nazionalista.

Nel 1950, la neonata Repubblica Popolare Cinese, si impegnerà nel suo primo conflitto, inviando truppe volontarie (Esercito Popolare dei Volontari) in sostegno della Repubblica Popolare Democratica di Corea, per opporsi all'imperialismo statunitense.

Sempre nel 1950, la Repubblica Popolare Cinese, abrogò il matrimonio feudale, caratterizzato da nozze combinate, sancì la parità fra donne e uomini e la monogamia. Furono inoltre introdotte norme che rendevano illegale la prostituzione, le droghe, l'adescamento e il gioco d'azzardo. Mali tipici della vecchia società feudale cinese.

Il PCC, inoltre, lavorò molto per estirpare la corruzione nelle sue fila e per sviluppare l'economia, anche collaborando con la borghesia nazionale e dunque con la classe imprenditoriale.

Anche in ambito scolastico si fecero progressi, eliminando le vecchie istituzioni culturali e introducendo, nei corsi di studio, le opere del marxismo-leninismo.

Si privilegiò, inoltre, il pensiero e la ricerca scientifica e iniziarono a svilupparsi le prime strutture sanitarie all'avanguardia, sia nelle aree urbane che rurali.

Nel 1955, grazie al Primo Ministro Zhou Enlai, fu avviata la Conferenza di Bandung, che getterà le basi per il Movimento dei Paesi Non Allineati rispetto agli imperialismi USA – URSS e dunque per la creazione di un nuovo ordine mondiale multilaterale, all'epoca ancora da venire.

Per tutti gli Anni '60, del resto, la Cina socialista, lavorò per mantenersi in una posizione indipendente, sia dal punto di vista geopolitico che economico, per sviluppare le proprie forze produttive e per opporsi all'egemonia di ogni imperialismo, sviluppando ottimi rapporti con Paesi asiatici, africani, e latinoamericani.

Una battuta d'arresto, la Repubblica Popolare Cinese, la ebbe fra il 1966 e il 1976, a causa della Rivoluzione Culturale, che il PCC ha, negli anni successivi, aspramente criticato, non considerandola né una rivoluzione, né un progresso.

Essa viene inquadrata dal PCC quale forma di “deviazionismo di sinistra”, con eccessi che portarono a disordini, morti e violenze, che solamente la fermezza di quei comunisti che le si opposero – Zhou Enlai in primis - riuscirono a fermare.

Ad ogni modo, sempre grazie alla lungimiranza di Zhou Enlai, l'economia della Repubblica Popolare Cinese, nel corso degli Anni '70, rimase florida e in quegli anni ci fu un avvicinamento dei rapporti con gli USA, durante l'Amministrazione Nixon.

In seguito a ciò, il 25 ottobre 1971, fu approvata, in sede ONU, la risoluzione 2758 che stabilì l'espulsione dal tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite dei rappresentanti del Kuomimintang a Taiwan e da allora la Cina entrò a far parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Nel 1976, con l'arresto della cosiddetta Banda dei Quattro, ovvero di quegli esponenti che avevano monopolizzato il PCC “da sinistra”, la Repubblica Popolare Cinese iniziò il suo nuovo corso o, meglio, la sua nuova rinascita.

Grazie a esponenti del calibro di Hua Guofeng e Deng Xiaoping, il quale peraltro, estromesso dal Comitato Centrale Partito durante la cosiddetta Rivoluziona Culturale, fu reintegrato, nel 1977.

Sempre nel 1977 il PCC dichiarò, nel suo XI Congresso, la fine della Rivoluzione Culturale e si pose come obiettivo la costruzione di un socialismo moderno entro la fine del XX secolo.

Deng Xiaoping, nel 1978, porrà, per così dire “ordine al caos” lasciato dalla Rivoluzione Culturale, elaborando il punto di vista di Mao sulla ricerca della verità dei fatti, al fine di “liberarci dalle nostre catene mentali in modo da poter davvero emancipare le nostre menti”.

Ne scaturì una entusiastica discussione a livello di tutta la società cinese, che portò alla denuncia del cosiddetto “pensiero dell'ultra-sinistra” che aveva causato molti danni alla Cina e al Partito, il quale tornò ai principi marxisti originari.

Con Deng Xiaoping, inoltre, si arrivò all'elaborazione del cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi”, che fu un arricchimento sia del marxismo-leninismo che del Pensiero di Mao Tse-tung.

Con Deng si iniziò a parlare di riforme, di apertura, di modernizzazione, di rivoluzione tecnologica, anche grazie agli investimenti stranieri e all'ingresso della Cina nel mercato internazionale.

Durante il periodo dengista, inoltre, vennero riabilitati molti membri del Partito, etichettati erroneamente come “di destra” durante la Rivoluzione Culturale, solo perché promotori di riforme e apertura.

Il Partito, inoltre, iniziò ad accettare al suo interno, non solo operai, contadini e intellettuali, ma anche imprenditori, artigiani e piccoli commercianti.

La modernizzazione socialista cinese fu peraltro ampiamente sostenuta da un altro grande rivoluzionario come Chen Yun, che proprio di sviluppo delle forze produttive si occupò a lungo, anche in qualità di Ministro del Commercio. Nei primi Anni '80, si iniziarono a responsabilizzare maggiormente le famiglie di contadini, le quali potevano godere direttamente dei frutti del loro lavoro e la medesima cosa accadde per quanto riguarda le imprese industriali.

Furono, inoltre, aperte le cosiddette Zone Economiche Speciali, allo scopo di attrarre investimenti stranieri.

Il XII Congresso del PCC del 1982, sancì definitivamente le linee guida per una piena modernizzazione del Paese sotto il profilo industriale, agricolo, tecnologico, militare e della sicurezza. Tale Congresso sottolineò come democrazia socialista significasse progresso materiale, etico e culturale, andando così ad aggiungere un ulteriore tassello allo sviluppo del PCC e del Paese nel suo complesso.

Tale processo di riforma fu, inoltre, introdotto anche in ambito giuridico e si iniziò a parlare di Stato di diritto, sviluppando un sistema giuridico a protezione dei diritti dei cittadini, sensibilizzando anche la popolazione – attraverso apposite campagne pubblicitarie - sulla conoscenza della legge e dello Stato di diritto.

Nella Repubblica Popolare Cinese si iniziava dunque a parlare di stabilità sociale, oltre che di sviluppo economico.

Per quanto concerne la politica estera, la Repubblica Popolare Cinese, intensificò i rapporti con i partiti comunisti di tutto il mondo, rilanciando i principi di “indipendenza, piena uguaglianza, rispetto reciproco e non interferenza negli affari interni degli altri”.

Mentre l'URSS espresse la volontà di migliorare i rapporti con la Cina, quelli con gli USA si raffreddarono, in particolare a causa delle interferenze di questi ultimi relativamente a Taiwan.

Per quanto riguarda il resto del mondo, la Cina ribadiva che ogni Paese merita rispetto, grande o piccolo che fosse e che gli affari mondiali andrebbero gestiti consultando tutti quanti i Paesi e non da una o due superpotenze. Sottolineando il suo carattere anti-egemonico di lunga data.

Le relazioni con l'URSS saranno normalizzate solo nel 1989, con Michail Gorbaciov. E, sempre nel 1989, Repubblica Popolare Cinese si trovò alle prese con un nuovo tentativo di destabilizzazione controrivoluzionaria interna, che riuscì ad arginare, evitando ciò che accadrà, diversamente, in URSS e che portò alla sua dissoluzione e all'avvento del liberal capitalismo assoluto, oligarchico e selvaggio.

Nel 1989 fu nominato Segretario Generale del PCC Jiang Zemin, il quale proseguì degnamente l'opera riformatrice intrapresa da Deng Xiaoping.

Jiang Zemin spiegò molto bene come l'economia socialista di mercato cinese fosse diversa rispetto a quella praticata nei Paesi capitalisti, in quanto capace di trovare un equilibrio fra l'efficienza del mercato e le necessità della comunità nel suo insieme, attraverso una sapiente pianificazione e macroregolamentazione.

Grazie all'economia socialista di mercato, infatti, in quegli anni il reddito pro capite dei residenti urbani aumentò del 7,9% all'anno e il reddito pro capite dei residenti aumentò del 4,3%. Il tenore di vita della popolazione, dunque, aumentò considerevolmente e così ogni indicatore economico.

Il XV Congresso del PCC inserì, dunque, la Teoria di Deng Xiaoping nel suo Statuto, assieme al marxismo-leninismo e al Pensiero di Mao Tse-tung.

Durante la guida di Jiang Zemin, la Cina continuò ad innovare la sua tecnologia e a sviluppare la sua scienza, cercando di raggiungere l'obiettivo della completa indipendenza ed entrando, nel corso degli Anni 2000, a pieno titolo nell'era della globalizzazione.

Fu proprio la globalizzazione che, opportunamente governata attraverso l'economia pianificata socialista, permise alla Cina il suo massimo sviluppo economico.

Nel frattempo, negli Anni '90, torneranno alla Cina, Hong Kong e Macao, che saranno governate secondo il principio “un Paese due sistemi”, ovvero con la garanzia di ampia autonomia, anche sotto il profilo economico, oltre che amministrativo e legale.

Dopo il crollo dell'URSS, la Repubblica Popolare Cinese avviò ottimi rapporti con la Russia, stabilendo partnership fondate sul rispetto e l'uguaglianza, mentre i rapporti con gli USA rimasero piuttosto freddi e altalenanti. In particolare quando, nel 1999, la NATO, guidata dagli USA, bombardò Belgrado e l'Ambasciata cinese e quando, nel 2001, gli USA intrapresero provocazioni militari nel Mar Cinese Meridionale, che provocarono una collisione con un caccia cinese.

La Repubblica Popolare Cinese firmò, nei primi anni 2000, un accordo di libero scambio con l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) e fu fra i fondatori dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), assieme a Russia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.

Negli Anni 2000, la Cina, rafforzò anche la cooperazione con i Paesi africani e latinoamericani e dei Caraibi.

Nel 2003 fu eletto Presidente della Repubblica Popolare Cinese e Segretario del PCC, Hu Jintao, il quale introdusse il concetto di “Prospettiva scientifica di sviluppo”, ovvero una dottrina che mirava a unire equilibrio, completezza e sostenibilità sotto il profilo scientifico e che poneva le persone al primo posto.

Tale dottrina fu introdotta nei documenti ufficiali del Partito e il suo mandato si svolse all'insegna del soddisfacimento delle necessità materiali e culturali dei cittadini, proteggere i loro diritti culturali, economici e politici e garantire uno sviluppo economico che potesse garantire prosperità collettiva.

Gli obiettivi fissati dal Partito durante il mandato di Hu Jintao, posero l'accento sulla costruzione di una società socialista armoniosa, fondata su democrazia, Stato di diritto, uguaglianza, giustizia, onestà e fratellanza e, fra le altre cose, fu abolita la tassazione agricola, che era in vigore da ben 2.600 anni.

Nonostante l'epidemia di SARS, che colpì la Cina, tra il 2001 e il 2005 il PIL cinese crebbe del 57,3% e il tenore di vita della popolazione migliorò nettamente. Inoltre, dal 2002 al 2011, dopo l'adesione cinese all'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), la Repubblica Popolare Cinese passò dal sesto posto al secondo, quale maggiore venditore di merci al mondo.

Fu in quegli anni che iniziò ad essere adottata dalla Cina la cosiddetta strategia win-win, ovvero di mutuo vantaggio per tutti, dando un forte impulso all'economia globale e apportando benefici a tutto il mondo.

Anche a livello interno, le riforme socialiste si fecero sentire, nel corso degli Anni 2000.

Lo Stato aumentò i fondi per l'istruzione, fornendo libri di testo per gli studenti provenienti da famiglie in difficoltà economica e furono abolite le tasse scolastiche per gli abitanti delle zone rurali.

Tutto ciò migliorò l'accesso all'istruzione, sia obbligatoria che superiore e universitaria.

Lo Stato si occupò anche di promuovere l'occupazione e, in particolare, l'occupazione stabile, aiutando i giovani laureati a trovare in fretta un posto di lavoro e incentivando le start-up che creavano occupazione.

Alla fine del 2011 si ottennero ben 760 milioni di occupati in tutta la Cina.

Fu inoltre implementato il sistema sanitario, in particolare nelle zone rurali ed anche i sistemi di sicurezza sociale.

Negli Anni 2000 si stabilì anche una partnership fra Repubblica Popolare Cinese e Unione Europea, che fu rapidamente incrementata e rafforzata nel corso degli anni.

Il Presidente Hu Jintao si adoperò anche per recuperare e rafforzare i rapporti con il Giappone e per migliorare i rapporti con gli USA.

Gli Anni 2000 segnarono anche l'inizio di una seria lotta contro la corruzione all'interno del Partito, che proseguirà con forza durante il mandato del Presidente Xi Jinping, a partire dal 2012.

Xi Jinping rafforzò le riforme e conquiste ottenute grazie ai suoi predecessori. Parlò di promozione del progresso economico, politico, culturale, sociale e ecologico del Paese. Parlò “Sogno cinese di ringiovanimento nazionale”.

Un Sogno da ottenere grazie la riforma e l'apertura, rompendo con il dogmatismo. Lavorando per la riduzione della povertà e per costruire “una società moderatamente prospera sotto tutti gli aspetti”.

Grazie a Xi Jinping vengono eliminati i monopoli e viene rivitalizzata la creatività nel settore privato, imprimendo un forte dinamismo allo sviluppo economico del Paese.

E' cosi che la Cina diviene leader mondiale nell'ambito del commercio estero, nel settore degli investimenti e delle riserve valutarie, oltre che nel settore tecnologico.

Viene inoltre ulteriormente implementato lo Stato di diritto e la democrazia, migliorando il sistema delle assemblee popolari.

Durante il mandato di Xi Jinping, l'ideologia marxista nell'ambito del socialismo con caratteristiche cinesi viene rafforzata e vengono introdotti nuovi valori, che i membri del PCC devono seguire, ovvero la promozione di prosperità, democrazia, civiltà, armonia, patriottismo, libertà, uguaglianza, giustizia, Stato di diritto, integrità e amicizia.

Valori che vengono introdotti anche nell'ambito dell'educazione nazionale.

Fra il 2013 e il 2017 vengono creati oltre 13 milioni di posti di lavoro urbani all'anno, superando il numero di occupati rispetto alle aree rurali.

I servizi sociali e sanitari vengono gestiti a livello di comunità e dunque viene rafforzato il sistema di autogoverno. Attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie quali i big data e l'intelligenza artificiale vengono dunque ulteriormente perfezionati, unitamente al controllo e alla prevenzione della criminalità e di possibili attacchi terroristici. Al punto che la Repubblica Popolare Cinese è uno dei Paesi più sicuri e ordinati al mondo.

Il Presidente Xi Jinping si adopera molto, inoltre, per la promozione dell'ecologia attraverso il progetto “Bella Cina”, per la conservazione delle risorse e la protezione dell'ecosistema. L'obiettivo è quello di raggiungere una piena modernizzazione anche in tale ambito, in modo che l'essere umano e la natura possano convivere in modo armonioso.

In tal senso, fra il 2013 e il 2017, il Paese ha incrementato l'imboschimento, raggiungendo il 21,66% di copertura forestale e ha arginato la desertificazione.

Xi Jinping lancia, inoltre, anche a livello mondiale, la proposta di “costruzione di una comunità umana dal futuro condiviso”, al fine di realizzare benefici reciproci da condividere con tutti i Paesi del mondo e i relativi popoli. E tale è la linea guida seguita attualmente dalla Repubblica Popolare Cinese in politica estera e economica, che si sostanzia in partenariati globali e collaborazioni economiche di mutuo vantaggio, con tutti i Paesi del mondo.

Ottimi, infatti, sono i rapporti fra la Repubblica Popolare Cinese e l'UE, la Russia, i Paesi africani e latinoamericani, quelli Arabi, quelli del Sud-Est Asiatico e, ultimamente, anche con gli USA.

Con il recente XV Piano Quinquennale (2026 – 2030), approvato nell'ottobre scorso, la Repubblica Popolare Cinese mira, inoltre, a raggiungere una “sostanziale modernizzazione socialista entro il 2035”. E non è affatto escluso che non ci riesca prima.

A oltre 100 anni dalla fondazione del PCC e a oltre 70 anni dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese, direi che abbiamo molto da imparare, sia che siamo comunisti o socialisti o non lo siamo affatto.

Perché la Storia parla. I dati economici parlano. I risultati parlano.

Mentre i fondamentalismi e i “deviazionismi di destra e sinistra” Occidentali stanno a zero, c'è un Paese, il suo popolo e il suo sistema politico che avanzano e aiutano tutti noi ad avanzare. Consapevolmente o meno. Che lo vogliamo o meno.

Sarebbe il caso di iniziare a comprenderlo, a studiare e ad approfondire, pragmaticamente, senza pregiudizi.

Luca Bagatin

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venerdì 7 novembre 2025

Intervista a Luca Bagatin sul Socialismo mazziniano sul canale YouTube "Rosso Fastidio"

 

La Cina socialista per la stabilità e l'apertura globale, contro ogni protezionismo e egemonismo. Articolo di Luca Bagatin

  

Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha partecipato, dal 30 ottobre al 1 novembre scorsi, al 32esimo incontro dei leader dell'Asia Pacific Economic Cooperation (APEC), in Corea del Sud.

Nel suo discorso, egli ha ribadito le posizioni della Cina socialista, volta alla stabilità globale, all'equità, alla pace e alla cooperazione internazionale.

In particolare, egli ha affermato: “La Storia attesta che l'umanità condivide un destino comune. Mentre l'egemonismo causa solo guerre e disastri, equità e giustizia garantiscono la pace e lo sviluppo globali. Mentre il confronto e l'antagonismo generano solo alienazione e turbolenza, la cooperazione win-win si rivela la strada giusta da seguire. Mentre l'unilateralismo precipita in divisione e regressione, il multilateralismo è l'opzione praticabile per affrontare le sfide globali”.

Ed ha aggiunto che: “La Cina sostiene sempre l'attuale ordine internazionale e pratica un autentico multilateralismo. Sosteniamo lo sviluppo pacifico e respingiamo l'affermazione secondo cui un Paese forte cercherà inevitabilmente l'egemonia. Sosteniamo la cooperazione win-win e denunciamo le pratiche del "chi vince prende tutto". Sosteniamo l'apprendimento reciproco tra le civiltà e non crediamo nello scontro di civiltà. Promuoviamo l'equità e la giustizia e ci opponiamo alle politiche di potenza. La Cina ha successivamente proposto la Belt and Road Initiative, nonché la Global Development Initiative, la Global Security Initiative, la Global Civilization Initiative e la Global Governance Initiative. Queste rappresentano le soluzioni della Cina alle questioni salienti in tutto il mondo, basate sulla saggezza cinese. Non vediamo l'ora di collaborare con tutte le parti per promuovere la prosperità comune e un futuro win-win per tutti, e costruire una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”.

Egli, ha fatto inoltre presente come la Cina possa offrire opportunità di crescita alla comunità imprenditoriale asiatica e non solo, in quanto orientata all'innovazione e al mercato, regolato dalle leggi commerciali internazionali e di come stia compiendo “progressi coordinati nella decarbonizzazione, nella mitigazione dell'inquinamento, nell'espansione della transizione verde e nella promozione della crescita. Possiede il più grande sistema di energia rinnovabile e la più grande e completa filiera industriale di nuove energie al mondo”.

Rivolgendosi alla comunità imprenditoriale dell'Asia-Pacifico, il Presidente Xi ha fatto altresì presente che “Le comunità imprenditoriali dell'Asia-Pacifico sono precursori dei nostri tempi, pionieri del cambiamento e trendsetter a livello mondiale. Spero che porterete avanti lo spirito imprenditoriale, rimarrete pionieristici, aperti, innovativi e resilienti, lavorerete insieme per promuovere la crescita e la prosperità dell'Asia-Pacifico e forgerete una forza possente per inaugurare un grande futuro per l'Asia-Pacifico e per il mondo”.

Relativamente alle minacce USA al Venezuela e alla Colombia, il governo cinese, attraverso la portavoce del Ministero degli Esteri, Mao Ning, ha invece, nei giorni scorsi, affermato che la Cina “si oppone a qualsiasi tentativo di minare la pace e la stabilità in America Latina e nei Caraibi, nonché ad azioni coercitive unilaterali contro navi di altri Paesi che superino limiti ragionevoli e necessari”. Aggiungendo: “Ci auguriamo che gli Stati Uniti portino avanti la consueta cooperazione giudiziaria e di polizia attraverso quadri giuridici bilaterali e multilaterali”.

Secondo quanto annunciato dalla Ministra per il Commercio Estero del Venezuela, Coromoto Godoy, la Cina e il Venezuela starebbero negoziando un accordo commerciale che prevede l'eliminazione dei dazi su 400 prodotti, nell'ambito del rafforzamento della cooperazione bilaterale fra i due Paesi.

Il Ministero degli Esteri cinese, in merito, ha fatto presente che “la normale cooperazione della Cina con il Venezuela costituisce una cooperazione tra Stati sovrani non diretta contro terze parti”.

Luca Bagatin

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mercoledì 5 novembre 2025

Zohran Mamdani, un socialista democratico alla guida di New York. Articolo di Luca Bagatin

 

In un Paese storicamente suprematista, anti sociale, anti socialista e liberal capitalista, a conquistare la carica di Sindaco di New York è stato Zohran Mamdani, 34 anni, socialista democratico iscritto ai Democratic Socialists of America, nato in Uganda, una laurea in studi africani, è musulmano e si è presentato, candidato del Partito Democratico, con una piattaforma fondata sul salario minimo a 30 dollari orari entro il 2030; sull'aumento delle tasse sulle imprese e su coloro i quali guadagnano oltre un milione di dollari all'anno; sul congelamento degli affitti per chi non può permettersi di pagarli; sulle case a prezzi accessibili per tutti; sulla riforma della sicurezza pubblica; sui trasporti pubblici gratuiti; sull'assistenza pubblica all'infanzia e sui diritti LGBTQ.

Uno schiaffo agli USA liberal capitalisti e alla vecchia guardia dell'ultradestra, sia del Partito Democratico che del Partito Repubblicano di tutti questi ultimi decenni.

Zohran Mamdani ha battuto, con il 50,39% dei voti, l'Indipendente di area centro-sinistra, ex democratico, Andrew Cuomo (peraltro appoggiato da Trump), fermo al 41,59% e il Repubblicano Curtis Sliwa, il quale ha ottenuto il 7,11%.

Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico . E la cosa più schiacciante di tutte è che mi rifiuto di scusarmi per tutto questo”, ha dichiarato il Sindaco eletto Mamdani, il quale peraltro è sempre stato critico nei confronti del regime di Netanyahu e dei crimini di guerra e di apartheid commessi nei confronti dei palestinesi.

Zohran Mamdani, parlando della sua nuova amministrazione, l'ha descritta come “un'era in cui ci lasciamo alle spalle il vecchio per entrare nel nuovo” ed ha quindi citato una celebre frase dell'ex Primo Ministro indiano di ispirazione socialista e costruttore del Movimento dei Non Allineati, Jawaharlal Nehru.

Difficile pensare che l'elezione di Zohran Mamdani possa rappresentare una rivoluzione, in un Paese storicamente di destra, più o meno estrema. Certamente rappresenta un cambio di passo e la dimostrazione che il vento sta cambiando, anche nella culla del liberal capitalismo assoluto.

E che, quando il socialismo è senza equivoci liberal capitalisti, finisce per essere popolare e diventare la cura di tanti, troppi mali della società e del mondo.

Luca Bagatin

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lunedì 3 novembre 2025

Il Venezuela socialista prosegue nella costruzione della democrazia diretta, nonostante le solite provocazioni USA. Articolo di Luca Bagatin

 

Nonostante le continue provocazioni degli USA, probabilmente più mediatiche che concrete, in particolare in questo momento nel quale Trump sembra essersi riappacificato con il Presidente cinese Xi Jinping, storico amico del socialismo latinoamericano e paladino dell'indipendenza e sovranità degli Stati, il Venezuela socialista e sovrano prosegue per la sua strada.

Il Presidente Nicolas Maduro, domenica 2 novembre scorsa, si è congratulato con la popolazione per la grande partecipazione alle oltre 2.500 Assemblee del Potere Popolare e Comunale, ovvero unità di base che permettono alla popolazione venezuelana di partecipare direttamente alle discussioni politiche e avanzare proposte relative alle necessità della comunità.

Ci stiamo muovendo verso un nuovo sistema di democrazia diretta e di quartiere!”, ha affermato il Presidente Maduro, aggiungendo che In ogni comunità, continuate a demolire i vecchi mostri burocratici e borghesi, proprio come avvertiva Gramsci: sconfiggete chi non può essere sconfitto; lo sconfiggeremo noi! Continuiamo con questa forte fusione popolare-militare!”.

Egli ha, inoltre, invitato la popolazione a “tornare in prima linea” in vista delle consultazioni popolari del 23 novembre nello Stato di Miranda, nelle quali saranno votate le proposte promosse dalle assemblee popolari, nell'ambito della democrazia diretta e popolare sviluppatasi, negli anni, grazie al governo socialista venezuelano.

Il socialismo, nel mondo, dunque, nonostante i tentativi di frenarlo e/o di destabilizzarlo, da parte dei soliti noti suprematisti liberal-capitalisti, sembra dunque continuare ad avanzare e ad insegnare che la democrazia si costruisce con il popolo, non contro o senza di esso.

Luca Bagatin

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